DENUNCIA La Corte dei conti: “Governo disinteressato”. Irregolarità registrate nei Caf,un meccanismo fiscale opaco,nessun controllo.
Un meccanismo fiscale opaco, disegnato per ingannare il contribuente; inerzia dei governi; irregolarità nei Centri di assistenza fiscale (Caf); uno Stato disinteressato a tutelare i suoi interessi. La Corte dei conti, a distanza di un anno, torna sul tema 8 per mille Irpef con una nuova relazione di Antonio Mezzera: il ritratto che ne viene fuori è, se possibile, ancora peggiore di quello del novembre 2014. Prendersi i soldi di tutti, anche di chi non sceglie L’8 per mille dell’Irpef è il sistema attraverso cui lo Stato finanzia le confessioni religiose. Fu inventato negli anni 80 – quando Bettino Craxi rinnovò il concordato con la Santa Sede – per sostituire la vecchia “congrua”.
Al meccanismo sono ammesse tutte le religioni che hanno un concordato con l’Italia (una decina). Il suo funzionamento è bizzarro: i fondi vengono distribuiti proporzionalmente sulla base delle scelte espresse. Prendiamo il caso dei soldi 2015: i contribuenti che hanno espresso una preferenza sono stati il 44,6% e, sulla base delle loro scelte, è stato assegnato anche l’8 per mille di chi non ha firmato niente.
In soldi significa che la Chiesa cattolica, pur avendo dalla sua solo il 36,7% dei contribuenti, incassa l’80% del malloppo: un miliardo e più invece di 450 milioni. Scrive la Corte: “I contribuenti possono essere a ragione indotti a ritenere che solo con una scelta esplicita i fondi vengano assegnati”. Un fiume di denaro con molti affluenti La faccenda è semplice: “In un periodo di generalizzata riduzione delle spese sociali, le contribuzioni a favore delle confessioni continuano, in controtendenza, a incrementarsi” e non solo attraverso l’8 per mille. Tradotto: il minor gettito Irpef 2015 è di 1,25 miliardi, ma agli enti ecclesiastici finiscono parecchi soldi anche per altre vie. Tutto questo – ha detto Francesco Margiotta Brog l i o d e l l a Commissione governativa per l’attuazione dell’accordo tra Italia e Santa Sede – ha “contribuito ad un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana”. Scriveva nel lontano 1996 la Commissione paritetica Italia-Cei: “Non si può disconoscere che la quota dell’8 per mille si sta avvicinando a valori, superati i quali, potrebbe rendersi opportuna una proposta di revisione”. Tradotto: è ora di abbassare l’aliquota. Da allora i governi hanno fatto finta di niente: la Chiesa oggi incassa 1 miliardo, nel ’96 meno della metà. Troppa pubblicità e nessuna trasparenza “Il ricorso alla pubblicità da parte delle confessioni religiose per ottenere una quota sempre più rilevante della contribuzione pubblica rischia di creare la necessità di convogliare ingenti risorse a fini promozionali a discapito del loro utilizzo per le finalità proprie”. Non solo, la Corte dei conti rileva pure come sia impossibile il controllo sulla coerenza tra le spese effettive delle chiese e le finalità di legge, “nonostante i dubbi” sollevati dagli e s p e r t i d e l governo alla Cei “su alcun e p o s t e e sulla ancora n o n s o d d i- sfacente quantità di risorse destinate agli interventi caritativi”. Su questo, peraltro, si sfiora il grottesco: finora i rendiconti del Viminale al Tesoro si sono persi (“i rendiconti trasmessi non sarebbero giunti agli uffici che dovrebbero trattare la materia”). Qualcosa è cambiato sui numeri generali: ora sono sul sito del Tesoro. Quelle “anomalie” che favoriscono il Vaticano Gustosissima la parte della relazione dedicata ai controlli che l’Agenzia delle Entrate ha fatto nei Caf durante il 2014: poca roba, 4.968 schede in tutto. Ebbene nel 7% dei casi ci sono state irregolarità di qualche tipo: la scelta comunicata al Fisco è diversa da quella fatta dal contribuente; oppure nessuna scelta si è trasformata nella scelta a favore di qualche confessione; spesso mancano le schede originali firmate. Magari si tratta di semplici sviste, ma è notevole che l’80% delle irregolarità siano a favore della Chiesa cattolica. L’Agenzia delle Entrate ha promesso di intensificare i controlli.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 03/11/2015.
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