Il commando che ha seminato la morte era di 8 sicari imbottiti di esplosivo: identificati un francese che era schedato, un egiziano e un siriano.
Partono fanatici, tornano kamikaze, muoiono da martiri. Gli attentati di venerdì sera confermano che il Califfato disteso tra Siria e Iraq attira e fa crescere i foreign fighter arrivati dagli altri paesi arabi o dall’Europa. Gli attacchi suicidi che hanno colpito e quasi affondato la Capitale francese – bilancio finora di 129 morti,352 feriti,di cui 99 molto gravi – rappresentano la chiusura del cerchio del percorso perfetto del combattente islamico impegnato nella Guerra Santa. Arrivano da Francia, Belgio, Egitto, dalla stessa Siria (le identità accertate ieri) e si impegnano nella guerriglia contro il regime di Assad. Se sopravvivono alla prova del fuoco salgono di livello e sono pronti per tornare in patria o su un altro “fronte”.
NEL 2015 , secondo fonti della sicurezza francese, quasi metà dei circa 500 giovani andati a combattere in Siria sono tornati. Ancor più quelli partiti dal Belgio. E l’attacco multiplo dell’altroieri è il loro biglietto da visita. Il ritrovamento dei passaporti accanto ai corpi maciullati dei kamikaze (quello ai piedi dello Sta-de de France aveva un biglietto per il match, ma sarebbe stato respinto all’ingresso), può certo far parte della strategia mediatica dell’Isis, che vuole far sapere al mondo quanto vasta e varia è la multinazionale del terrore che è riuscita a raccogliere. Il passaporto del siriano, ventenne, sarebbe stato registrato sull’isola di Lesbo, approdo dei profughi, il 3 ottobre: negli altri due casi si parla di un francese delle banlieue e di un egiziano. “Otto in tutto i fratelli” (come definiti dal Califfato), ovvero i componenti delle tre cellule che si sono attivate venerdì, sette attentatori-suicidi e uno ucciso dalla polizia. Le cinture esplosive erano imbottite di perossido di acetone – ha spiegato ieri il procuratore di Parigi Molins – un prodotto esplosivo chimico relativamente facile da produrre in casa ma piuttosto instabile, e chiodi e bulloni per rendere più letale la deflagrazione. Il detonatore era un pulsante da schiacciare. Tra loro vi sarebbe stata anche una donna, ma a ieri non si avevano conferme. Secondo la Bbc, il gruppo di fuoco che ha agito, armato di kalashnikov, era composto da giovani andati a imparare il mestiere delle armi in Siria e che avevano poi creato una cellula indipendente. Capace di agire a scaglioni e a ritmi serrati (20 minuti tra il primo attacco e quello al teatro di boulevard Voltaire). Tra loro, secondo il governo belga, comunicavano attraverso la piattaforma di videogiochi Playstation 4. Il Califfato ha comunque segnato un altro punto a suo favore: il riconoscimento da parte di Hollande dell’ufficialità della rivendicazione dell’Isis – “Un atto di guerra”, ha detto il presidente che si erge a nuovo De Gaulle della resistenza contro il jihadismo – pone lo Stato islamico sullo stesso piano delle Nazioni che combatte. Voi ci attaccate, ci bombardate, noi veniamo – o torniamo – a uccidervi. Gli attacchi di Parigi “sono solo l’inizio della tempesta”, affermava ieri il documento dell’Isis, che si ricollega al primo degli attentati turistici in Tunisia, quello al museo del Bardo,il 18 marzo,definito“la prima goccia di pioggia”. L’Isis dimostra di mantenere le promesse e avere una strategia di lungo periodo e ampio raggio, raccogliendo non solo i frutti momentanei dell’orrore, ma anche quelli che maturano con il contagio del panico. In effetti i musei ieri a Parigi erano chiusi, come quasi tutti i negozi,comele scuole (riaprono domani),come parte della metropolitana regionale (la Rer); stop a diversi match sportivi; dopo la carneficina al Bataclan,anche la musica tace: gli U2 hanno cancellato il concerto che avrebbero dovuto tenere ieri sera nella ville lumiere spenta a lutto. Il grigio uniforme del cielo rende la città di una sola tonalità, mentre una tristezza composta pervade i gesti dei parigini. Fino almeno a giovedì,ha fatto sapere il prefetto,la città vivrà come in stato di coprifuoco, ci saranno tre giorni di lutto nazionale e lunedì un minuto di silenzio per le vittime, ma certo nessuna manifestazione oceanica come a gennaio dopo Charlie Hebdo. IN QUESTI sei giorni le forze di sicurezza – in arrivo nella Capitale altri 3.000 agenti di rinforzo – cercheranno di circoscrivere i movimenti dei componenti ancora in libertà delle cellule in azione venerdì sera o dei loro fiancheggiatori: in tutto si tratterebbe di una decina di persone, ricercate in alcune aree della corona parigina: Hauts-de-Seine, Yvelines e Seine-Saint-Denis.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 15/11/2015.
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