LA STORIA La scuola, le famiglie e la grande paura.
Parigi:mentre dei giovani maghrebini brindano ai jihadisti,cresce la rabbia dei ragazzi francesi.
Compassione, tristezza. Dieci giorni dopo gli attentati, l’emozione non passa. Vivo conl’uomo che dirige gli ospedali di Parigi.E non riesco a levarmi dalla testa quel week end di orrore,in cui vedevo arrivare messaggi atroci. Mio figlio, mia sorella… sono per caso in una delle vostre strutture? Quanti no per un sì? Quanta disperazione dietro ogni sms. E poi, ore dopo, ne arriva uno nuovo. Hanno trovato il corpo di Valentin, ucciso al Bataclan. Aveva 17 anni. È insopportabile. Voi non siete liberi di essere liberi, ci dicono gli assassini.
Avevano scelto i loro bersagli. Caffè, sala da concerto, stadio. Perché bere, cantare, suonare, godere il tepore della notte, all’aperto, in uncaffè…tuttoquestoperloro è insopportabile. Perché pensare e credere (o non credere) liberamente, è per loro insopportabile. L’IRONIA è che questa settimana dovevo essere in Bangladesh,al festival letterario di Dhaka.Lì,alcuni giovani coraggiosi si battono perché possa sopravvivere un festival cosmolpolita, aperto.Da quando sono stati assassinati dei bloggers, molti occidentali hanno rinunciato.“Non andare.Dhaka è pericolosa”, mi hanno detto. Alla fine, è a Parigi che il sangue si è sparso. Un’amica bengalese mi scrive sta mattina:“Il cancro del fanatismo si espande. Ed è lo stesso ovunque. E non pensate che noi musulmani soffriamo meno di voi. L’Is ha ucciso nel mondo più musulmani che non musulmani”. Faccio leggere questa mail a mia figlia Mathilde. Aggrotta le sopracciglia. “Comunque in questo caso non sono mica loro le vittime”. Le dico che bisogna stare attenti a non confondere i piani. Le ricordo quello che la civiltà araba ha portato alla filosofia,alla trigonometria e alla ma-t e m a t i c a . Sento che l’imam di Bordeaux sta facendo la stessa cosa alla radio. Ma ho l’impressione che questi discorsi siano sempre più difficili da tenere. “Ce l’avevate già detto per Charlie”,mirisponde.“Macome vedete i buoni sentimenti non risolvono niente”. Dopo gennaio, diverse moschee sono state incendiate. E c’è da temere che arrivino altre violenze. L’esasperazione si sta estendendo. E non solo fra gli elettori del Front National. Ma anche all’interno della nuova generazione.Dei giovani che si identificano con le vittime e che hanno già cominciato a chiamare “la generazione Bataclan”. Questo sentimento cresce ancora di più perché affonda le sue radici in una solida tradizione francese di islamofobia. Come se ogni periodo avesse bisogno dei suoi capri espiatori e questo – dopo protestanti e ebrei – è il turno dei musulmani per essere discriminati. Mathilde è la prima ad ammetterlo. Nella classe in cui lei si preparava a entrare nelle grande sécoles non c’eranessuno studente di origine musulmana. A lezione, sentiva parlare di Spinoza o di Verlaine, ma quasi mai di Aver-r o è s o d i M a h m o u d Darwich. E chissà come sono stati reticenti, come s e m p r e i n Francia, sulla guerra in Algeria. Nousheen dice: “Obama ha ragione a dire che questo attacco contro la Francia è un attacco contro l’umanità e i suoi valori. Ma i civili morti in Libano,in Pakistan o in Palestina non rappresentano anche loro un attacco contro l’umanità? Quest’anno, Al Shabab ha bombardato un’università in Kenya. 147 morti. Musulmani. E la stampa francese ne ha parlato?”. Questa idea che si usano pesi e misure diverse è molto sentita fra i musulmani francesi e in tutto il mondo arabo. Ma chi la prende in considerazione? Chi se ne preoccupa davvero? Una nuova pericolosa confusione sta nascendo fra terroristi e migranti.Ci ripetono che siamo in guerra. Come se la Francia – quella che voleva ridere e cantare – fosse trascinata sempre più in una spirale di intolleranza bellicosa. Quindi resa sempre meno democratica. Secondo un sondaggio pubblicato dal Figaro,il 67% dei francesi si dice pronto ad accettare un governo non democratico se capace di far partire le riforme necessarie. Il 40% si dichiara disposto addirittura a sostenere un regime autoritario non eletto. E la cosa inquietante di questo sondaggio è che è stato pubblicato prima degli attentati. “Mamma,anche tu vedi che siamo entrati in una nuova fase”, dice Mathilde. “È la prima volta che dei kamikaze agiscono in Francia. Non erano degli isolati, c’è un’organizzazione complessa dietro. Non hanno mirato a un simbolo, ma alla gente.È un modus operandi tipico in una situazione di guerra”. È vero. È probabilmente questa la cosa che turba di più. Questi fanatici sono oltre rispetto a quelli che miravano a Charlie. Sembrano in preda a una pulsione omicida ormai staccata da qualsiasi causa. Un’ossessione che gira su se stessa e si autoalimenta.
* Florence Noiville è scrittrice e giornalista di Le Monde. Fra i suoi ultimi romanzi “La donazione”e“Questasottileaffinità” (Garzanti). “L’Illusion délirante d’être aimée” uscirà, sempre per Garzanti, nel 2016.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 24/11/2015.
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