LA STEPCHILD adoption aprirebbe la porta alla pratica dell’utero in affitto come lascerebbero intendere le polemiche nate in seguito all’appello promosso da “Se non ora quando — Libere”? No. Assolutamente no.
NONOSTANTE le insinuazioni di chi, spesso con le migliori intenzioni, continua a confondere tutto e a diffondere, come direbbe Albert Camus, disordine e sofferenza nel mondo.
In che senso? Nel senso che, quando si parla di stepchild adoption, come fa il progetto di legge sulle unioni civili, si parla solo della possibilità di creare un legame giuridico tra il compagno o la compagna della madre o del padre biologico di una bambina o di un bambino e questa creatura che già esiste, già fa parte di una famiglia, già vive e già cresce circondata dall’affetto di due mamme o di due papà. Solo che, a differenza di chi già esiste, già fa parte di una famiglia, già vive e già cresce circondato dall’affetto di un padre e di una madre, i figli delle coppie omogenitoriali non hanno, almeno in Italia, alcuna protezione giuridica.
L’intento della legge sulle unioni civili, quando introduce la stepchild adoption per le coppie omogenitoriali, è proprio questo: smetterla di trattare i figli delle coppie omosessuali come bimbi di serie B, bambini e bambine che rischiano, se il genitore biologico ha un incidente, di essere adottati da altri e di non poter vivere con l’altro genitore, ossia con chi, da quando sono nati, si è occupato di loro come fa, appunto, un padre o una madre.
“Ma come sono nati questi bimbi?”, chiede chi si ostina a negar loro ogni diritto, spiegando che due uomini non possono avere figli, che è la natura a dircelo e che la maternità e la paternità sono la conseguenza della procreazione biologica. Peccato che non basti mettere al mondo un figlio per diventare padre o madre. Peccato che la maternità sia la capacità di “raccogliere la vita” e di evitare che si cada nel vuoto del non-senso, come spiegava già Freud, e che la paternità sia la capacità di trasmettere l’alleanza tra il desiderio e la legge, come ha poi mostrato Jacques Lacan. E che paternità e maternità siano caratteristiche che appartengono a ognuno di noi, indipendentemente dalla propria identità di genere. Peccato, infine, che al di là di ogni teoria e ideologia, chi desidera diventare padre o madre lo diventa indipendentemente da quello che dice o meno la legge. E che il compito del legislatore debba essere solo quello di creare le condizioni giuridiche necessarie per proteggere chi già esiste.
Allora basta con le confusioni e con le ipocrisie. Attraverso la stepchild adoption non si cerca di “creare bambini di plastica”, come qualcuno osa dire. Con questa norma si vuole solo dare un riconoscimento giuridico a legami affettivi che già esistono e che, esistendo, nessuno si dovrebbe permettere di ignorare.
Altrimenti, ancora una volta, saranno i più fragili, ossia i bambini e le bambine, a pagare il prezzo dell’ipocrisia di chi, in nome dei valori, talvolta dimentica che il ruolo dei valori è sempre e solo quello, come spiega bene il filosofo tedesco Jürgen Habermas, di contrastare l’estrema fragilità della condizione umana.
Da La Repubblica del 05/12/2015.
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