Se fossero esseri raziocinanti e non macellai fanatici, verrebbe il sospetto che questi terroristi in franchising sotto la sigla Isis facciano le stragi apposta per far uscire il peggio della nostra cosiddetta civiltà superiore. Tipo Salvini o Gasparri, per dire. Personaggetti che ormai fanno notizia solo quando c’è una mattanza da commentare, nel circo equestre tele-socialaro della dichiarazione prêt-à-porter, possibilmente idiota, regolarmente prestampata e riciclata da un qualche eccidio precedente. La parola “guerra” è sempre d’obbligo, anche se il terrorismo è tutt’altra cosa, perché non schiera eserciti sul campo: eppure c’è chi sostiene, restando serio, che il nocciolo della questione è “avere il coraggio di dire che siamo in guerra”.
Servisse a qualcosa, chiamiamola pure Gianni. Ma dopo, di grazia, che abbiamo risolto? Libero riapre il dibattito, sempre lucido e appassionante, “se questi non sono bastardi”. Come se ci fosse qualcuno che si ostina a chiamare birichini, scavezzacollo, monellacci i kamikaze islamisti che sterminano la gente dove capita. Chissà mai che gli frega, a questi serial killer nichilisti, di essere chiamati bastardi e se eventualmente qualcuno di loro eviterebbe di fare ciò che fa per il terrore di essere chiamato bastardo sulla prima di Libero.
Altrettanto avvincente è la discussione, riavviata da Feltri e Belpietro, sul tema attualissimo se avesse ragione Oriana Fallaci. Ma ragione in che senso? La Fallaci, negli ultimi anni della sua vita, si era convinta che il terrorismo si combattesse a suon di bombe, ‘ndo cojo cojo, per esportare democrazia negli Stati islamici. È quel che facciamo ininterrottamente da 15 anni, dopo l’11 settembre, in Afghanistan, poi in Iraq, poi in Libia, ora in Siria. Cos’abbiamo ottenuto? Più terrorismo, più kamikaze, più attentati, più morti e addirittura un sedicente Stato islamico sorto dalle ceneri del regime di Saddam e alimentato dal revanscismo dei sunniti umiliati. Che ora combattiamo in una demenziale coalizione piena di Stati-canaglia che, nella migliore delle ipotesi, calpestano i più elementari diritti civili e umani dimostrando che la nostra civiltà predica valori che non rispetta; e, nella peggiore, finanziano i movimenti jihadisti che fingono di combattere (ma noi seguitiamo a frequentarli e a legittimarli per nobili motivi d’affari). La Fallaci sosteneva pure che gli islamici, nei nostri paesi, non hanno diritto ad avere moschee in cui pregare, perché sono tutti estremisti e potenziali terroristi.
A parte il fatto che le moschee sono preziosi ritrovi da infiltrare per controllare e scovare i jihadisti, siamo proprio sicuri che sia una buona idea farli incazzare tutti disprezzando la loro religione e spingendoli nelle braccia del Califfo e dei suoi proconsoli più o meno autorizzati sparsi per il mondo? In mancanza della Fallaci, si porta molto il più attuale “ha ragione Trump” (Porro sul Giornale spiega che l’Economist tira la volata al terrorismo perché osa dire che il pagliaccio miliardario col parrucchino da mastro Ciliegia presidente Usa sarebbe una catastrofe). Nella gara all’Oscar della Demenza spicca chi continua a berciare contro il presunto “buonismo” di chi accoglie i migranti (“Cacciamo l’Islam da casa nostra”, copyright Sallusti, con una spruzzatina di “radici cristiane” al cenone di Pasqua, by Renato Farina). Buonismo che si chiama diritto d’asilo per chi fugge dalla guerra in Siria e invece viene gabellato per complice dell’Isis, quando ha proprio l’Isis come nemico in comune con noi. Sebbene i kamikaze siano tutti cittadini europei ben incistati nelle banlieue-ghetto franco-belghe, c’è ancora chi finge di credere che i terroristi partano con i barconi rischiando di affogare in mare o si facciano centinaia di km a piedi dalla Siria alla Turchia alla Grecia alla Macedonia con mogli, bambini e stracci al seguito per scavalcare i nostri muri e fili spinati passando mesi all’addiaccio invernale. Infine c’è chi butta la palla in tribuna invocando “più Europa”. Ma se poi si ipotizza qualche cessione di sovranità per un’intelligence almeno un po’ più coordinata, o per una Superprocura, non parliamo di un esercito europeo, apriti cielo: ciascuno difende il proprio orticello e si tiene stretto il megabancomat a cielo aperto chiamato Ue.
Si spara di tutto e di più per non parlare dell’unica arma anti-terrorismo seria ed efficace, dunque meno tonitruante e più prosaica: l’intelligence, lo spionaggio. È lì che occorre investire tutte le risorse necessarie, facendo un discorsetto a uno Stato-burla come il Belgio che è il ventre molle d’Europa. Uno Stato-gruviera che con sei, diconsi sei servizi segreti, si fa dire da Salah, “primula rossa” per tre mesi solo perché nessuno è andato a cercarla a casa sua: “Meno male che siete arrivati, non ne potevo più”. Sottinteso: ma che altro dovevo fare per farmi prendere? Mettere un cartello al balcone con scritto “Coglioni, sono sempre in casa”?
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 24/03/2016.
Sembra proprio strategia della tensione… Quella che c’era in italia tanti anni fa…
http://roberto.info/it/2016/03/24/bruxelles-2016-verso-il-terrorismo-surrealista/