“Il reporter resta incriminato ma prove insufficienti” La Casa Bianca: l’Europa faccia di più per la sicurezza.
BRUXELLES – «Colpevole». «Forse si». «Certamente si». Anzi no. In un’ennesima disarmante capriola l’Antiterrorismo belga si offre candida alla gogna del mondo. Il giornalista free-lance Faysal Cheffou non è il terzo uomo del commando di Zaventem. Resta indagato per terrorismo ma, in 48 ore, le fonti di prova che avevano convinto la Procura federale ad arrestarlo come uno degli esecutori della strage, si rivelano improvvisamente troppo fragili per privarlo della libertà. La sua scarcerazione è annunciata nel primo pomeriggio da un comunicato di due righe della Procura Federale — «Gli indizi presupposto del suo fermo non sono stati confortati dalla prosecuzione dell’indagine» — e assume contorni più precisi con il passare delle ore.
Quando diventa chiaro che decisivo per il suo rilascio è stato l’esito negativo del test del Dna effettuato sul materiale recuperato nell’abitazione di rue Max Roos a Schaerbeek (dove il commando ha trascorso le ultime ore prima della strage) e sui resti della terza borsa esplosa in aeroporto dopo l’evacuazione (quella trasportata appunto dal terzo uomo). Né è stato sufficiente il suo riconoscimento, effettuato dopo il suo fermo dal taxista che aveva trasportato il commando in aeroporto. Come chiarito dal suo avvocato, Olivier Martins, messo a confronto con Faysal, il taxista si sarebbe infatti detto certo della corrispondenza del volto e dei lineamenti con quelli del “terzo uomo col cappello” portato a Zaventem, ma avrebbe contestualmente manifestato forti dubbi sulla stazza.
Insomma, un “mezzo” riconoscimento che, incrociato con il test negativo del Dna e una serie di testimonianze che avrebbero voluto Faysal anche di fronte all’ingresso della stazione del metrò di Maelbeek intorno alle 9 di martedì, poco prima dell’esplosione e in orario difficilmente compatibile con uno spostamento dall’aeroporto in città, hanno convinto la Procura di un quadro troppo confuso per poter reggere. La scarcerazione di Faysal, offerto al mondo intero come colpevole anche in ragione del suo pedigree di reclutatore e di amicizie di quartiere (Molenbeek) con Salah Abdeslam e Abrini (ricercato per le stragi di Parigi) è l’ultimo di una catena di infortuni che sembrano non avere fine.
In meno di una settimana, si è scoperto che i fratelli El Bakraoui (Ibrahim e Khalid) sarebbero dovuti essere da tempo in carcere per ripetute violazioni della libertà vigilata.
Articolo intero su La Repubblica del 29/03/2016.
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