Domani si vota – A Palazzo Chigi è pronto il pallottoliere: anche senza quorum, si avrà la conta degli oppositori del premier. Che per far fallire il quesito, le ha provate tutte.
Anche senza quorum, domani notte le trivelle referendarie rischiano di perforare a morte il governo di Matteo Renzi. Lo ha spiegato due settimane fa a Montecitorio, Alfredo D’Attorre, oggi deputato di Sinistra Italiana, al suo ex leader Pier Luigi Bersani del Pd. Un ragionamento che ripete al Fatto: “Se gli elettori si fermeranno al 40 per cento vorrà dire che sono venti milioni e tra questi almeno quindici per il Sì, contro Renzi”. Sintesi finale: “Quindici milioni in vista del referendum di autunno sulle riforme costituzionali, dove non c’è quorum, sono un’enormità. Renzi dovrà radunarne uno in più e non sarà facile perché l’affluenza, in questo caso, arriverebbe al 70 per cento.
Una percentuale da elezioni politiche non da referendum”. Aggiunge il senatore Federico Fornaro, della minoranza del Pd, interpellato dall’Huffington Post: “I risultati che usciranno dalle urne domenica prossima saranno utili anche per provare a prevedere l’esito finale del referendum costituzionale di ottobre. In ogni caso, i dati dello spoglio di domenica saranno da analizzare con grande attenzione, anche per valutare la capacità di mobilitazione dell’elettorato da parte del fronte del No alle riforme”.
Il ricatto degli 11 mila posti di lavoro
Ed è per questo che il referendum di domani spaventa così tanto il premier e il suo giglio magico. E spiega quindi la gigantesca campagna di disinformazione, nascondimento e finanche depistaggio della maggioranza modello Tempa Rossa. A cominciare dallo smaccato spreco di denaro pubblico causato dalla volontà di non abbinare amministrative e referendum. Ben 360 milioni di euro per boicottare le urne di domani. Questo il prezzo per la proterzia renziana, che maschera timori e malessere. Come l’ultima bufala propalata ad arte prima dalla ministra Boschi poi dallo stesso premier, nell’ultima giornata di campagna: “Undicimila lavoratori rischiano il posto, perciò è bene astenersi a questo referendum”. Cifra sparata a caso senza una conoscenza della questione. In realtà, per i sindacati non è possibile calcolare esattamente il numero dei posti di lavoro. Non solo. Un mese fa, a marzo, Pietro Cavanna, presidente del settore idrocarburi di Assomineraria, e schierato dalla parte dei petrolieri, ha parlato di 5mila posti, meno della metà, quindi, di quelli indicati dalle sciatte dichiarazioni di Boschi e Renzi. Senza dimenticare che tra scadenza delle concessioni e dismissioni, in caso di vittoria del fronte No Triv, i lavoratori potrebbero addirittura aumentare.
Il silenzio dei tg e gli errori in diretta
Per nascondere il referendum di domani, la disinformazja renziana ha dispiegato la sua vasta forza mediatica, dai tg del servizio pubblico ai giornali amici. Il record di fedeltà al regime di Palazzo Chigi spetta al Tg1 diretto Mario Orfeo: appena 13 minuti di informazione in una settimana. Clamorosi, poi, alcuni “sbagli” commessi in diretta tv. Come il duetto tra il conduttore di Agorà su Raitre, Gerardo Greco, e Michele Emiliano, governatore pugliese e frontman dello schieramento referendario. Emiliano: “È dura arrivare al quorum del 50 per cento ma più gente va a votare e meglio sarà”. Greco: “È dura perché si vota solo in alcune regioni, se non sbaglio 8”. Emiliano: “No, no, si vota dappertutto, non solo in alcune regioni”. Greco: “Scusate si vota dappertutto, ma sono interessate solo alcune regioni”. Emiliano: “No, sono interessati tutti gli italiani”. Anche SkyTg24,in teoria indipendente, ha mandato in onda un fascione (sottopancia) in cui s’informa che solo nove regioni vanno al voto.
I tre presidenti e le indiscrezioni
Il maggiore alleato del premier sul fronte astensionista è stato Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica. Al contrario del capo della Corte Costituzionale che ha detto che votare è un dovere civico, Re Giorgio ha definito il referendum “pretestuoso”, annunciando che diserterà alle urne.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 16/04/2016.
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