Non raggiunto il quorum. Il premier attacca: “Qualche governatore ha cavalcato il referendum per ragioni politiche: è stato sconfitto”.
Oltre sedici milioni di persone sono andate a votare in un referendum ignorato dalla grande stampa e dalla tv, boicottato dal governo e dal maggior partito politico, snobbato da quasi tutti gli altri, convocato e votato in poche settimane proprio per farlo fallire. Il quorum non c’è stato: l’affluenza s’è fermata al 32%, il governo potrà prorogare sine die le concessioni a trivellare in mare vicino alla costa. Il dato politico, però, restano i 16 milioni: il 32% degli elettori italiani ha voluto comunque dire la sua su un tema importante come la politica energetica – finora appannaggio delle segrete stanze o di imbarazzanti telefonate tra ministri e congiunti – senza farsi scoraggiare da chi gli diceva che non era affar loro.
Spiacevole che la partecipazione di milioni di italiani sia stata ostacolata dallo stesso presidente del Consiglio, che con un diktat al limite della legalità ha deciso il non accorpamento tra la consultazione sulle trivelle e le amministrative che si terranno a giugno: il risultato è stato lo spreco di 300 milioni di euro e l’annullamento di un referendum, un fatto che non dovrebbe far piacere a nessun uomo di Stato.
Non appartiene alla categoria evidentemente Matteo Renzi che alle 23.20 comincia a festeggiare usando come arma contundente i lavoratori delle trivelle: “Abbiamo salvato posti di lavoro: brindo con ingegneri e operai”. Li quantifica in 11mila, segno che la sua fonte è Assomineraria (le aziende del settore). I chimici Cgil, per dire, pur contrari al referendum, li contano in non più di 5mila, indotto compreso. Brinda Renzi, perché “in questo referendum c’è chi ha vinto e chi ha perso”.
Il premier sa, però, che non può inimicarsi 15 milioni di italiani: “Chi vota non perde mai: ho il massimo rispetto per chi ha votato e ho sofferto molto la scelta di non farlo. Gli sconfitti hanno nomi e cognomi: pochi consiglieri regionali e qualche presidente di regione che ha voluto cavalcare il referendum per ragioni personali e politiche. Il referendum si poteva evitare per risparmiare 300 milioni, ma è stato voluto per esigenze di conta interna da parte di qualcuno”. L’obiettivo piuttosto esplicito è Michele Emiliano, ritratto come il capo delle regioni, enti che sprecano i soldi degli italiani per lavoro.
Non solo Emiliano e soci, però. Anche l’opposizione e non meglio individuati “commentatori”: “Per settimane hanno monopolizzato le tv (sic) prefigurando crolli e sconvolgimenti: si dimostra una volta di più che parte della classe dirigente di questo paese è autoreferenziale, vive su Twitter e su Facebook (ri-sic), ma l’Italia è più grande e molto più avanti”.
In realtà il referendum è stato una sorta di “fallimento di successo”, nonostante la splendida giornata non abbia aiutato l’affluenza, già affossata dal lavoro di governo e tv. Nell’elettorato italiano si è creato un movimento di massa (16 milioni) nonostante e contro il capo del governo (in che misura l’uno o l’altro è da vedere): una constatazione che, al di là dei discorsi da bullo (senza farsi fare domande), dovrebbe preoccupare l’inquilino di Palazzo Chigi in vista di amministrative e referendum di ottobre.
Anche i comitati No Triv e le Regioni che hanno promosso i referendum dovrebbero riflettere sui numeri: il dato dell’affluenza parziale per regione – quelli definitivi non sono disponibili mentre andiamo in stampa – sono assai bassi, ad esempio, in Sicilia e Calabria. La cosa è abbastanza strana se si pensa che la Calabria, a guida Pd, è stata tra le regioni promotrici del referendum (il governatore Mario Oliverio è andato a votare contro le indicazioni del partito) e la Sicilia è uno dei posti più minacciati da vecchie e nuove trivelle vicine alla costa (Rosario Crocetta, però, è favorevole alle piattaforme). Anche nella Puglia di Emiliano, comunque, non si va oltre il 42%.
Numeri non lusinghieri nonostante “l’effetto Tempa Rossa”, vale a dire lo scandalo politico/imprenditoriale che ha travolto l’ex ministro Federica Guidi, che vale il 50% e oltre di affluenza in Basilicata (a Potenza quorum raggiunto già all’ora di cena). Il cosiddetto Texas d’Italia, evidentemente, dell’oro nero ha visto finora solo lo sporco e non i profitti.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 18/04/2016.
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