A palazzo Grazioli il pranzo è terminato, le pance sono piene con moderazione centrista e un partecipante all’Evento sibila gongolante: “Silvio ha fottuto di nuovo tutti”. Altri dettagli, divertiti e crudeli, riguardano il colore della faccia di Giovanni Toti, governatore ligure e teorico del partitone lepenista insieme con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. “La sua faccia era nerissima, pure Romani era cupo ma non quanto Toti”. Attorno alla mensa berlusconiana sono in tanti: Gianni Letta, Deborah Bergamini e Mariarosaria Rossi del cerchio magico, gli ex an Maurizio Gasparri e Altero Matteoli, i capigruppo parlamentari Brunetta e Romani, le ex ministre (campane) Nunzia De Girolamo e Mara Carfagna, l’onnipresente Niccolò Ghedini. I tifosi dichiarati di Meloni sono tre: Toti, Romani e anche Gasparri, in autunno per Marchini ma da settimane per “Giorgia”. A loro, il Condannato rende da subito indigesto l’antipasto: “Come ufficio di presidenza mi avete delegato a risolvere il caos di Roma. Io ho scelto: il nostro candidato è Alfio Marchini e ho fatto già una nota prima di questo pranzo per evitare voci e retroscena”.
L’incontro segreto a mezzogiorno
L’Evento è dunque questo: Guido Bertolaso si ritira e Forza Italia opta per la soluzione civica e moderata di Marchini anziché per quella lepenista di Meloni, sostenuta da Salvini. A Bertolaso, in ogni caso, B. ha promesso “un ruolo di grande rilievo nella giunta Marchini”. I due si sono visti l’altra sera, di mercoledì. L’ex Cavaliere e “Alfio”, invece, si sono incontrati e parlati già ieri mattina, in maniera riservata, sempre a palazzo Grazioli, la storica residenza di B. nella Capitale. “Alfio il candidato dovevi essere tu dall’inizio ma proprio quella lì (Meloni, ndr) si oppose.
La tua missione è chiara: arrivare al ballottaggio e battere la grillina, anche coi voti del Pd”. Ed è per questo che tutti i nemici dell’accordo hanno già ribattezzato “Alfio” come “Nazareno Marchini”. A questo punto, con il ritiro del debole Bertolaso, l’imprenditore dalla storia familiare di sinistra è uno dei due candidati a disposizione del Partito della Nazione in caso di ballottaggio con Virginia Raggi. L’altro, ovviamente, è il dem Roberto Giachetti. È la partita tra Sistema e anti-Sistema, leitmotiv del nuovo bipolarismo. Solo che lo spariglio di Berlusconi adesso ribalta lo schema. Se prima il cavallo su cui puntare era solo Giachetti, grazie alla triplice divisione del centrodestra (Bertolaso, Marchini, Meloni), con la scelta azzurra aumentano le chance del trasversale “Alfio Nazareno” dato al 17 per cento contro il 19 di Meloni, il 23 di Giachetti e il 30 di Raggi. La lista forzista per Marchini potrebbe essere guidata da Alessandra Mussolini, individuata come capolista anti-Meloni.
Il partito Mediaset e quello della cricca
L’investitura di Marchini è soprattutto la vittoria del partito delle colombe filogovernative di Mediaset, retto dalla diarchia formata da Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Proprio ieri sul Foglio, house organ del trasversalismo Nazareno contro i grillini, Confalonieri ha fatto un bilancio dei nuovi confini dell’impero berlusconiano, da Mediaset al Milan, da Mondazzoli a Vivendi. Unico buco scoperto pericolosamente, la politica. Appunto.
Da ieri, non più. B. archivia l’asse populista e si butta coi moderati, dove scalpitano tutti i traditori di ieri, schierati da tempo con Marchini: Alfano, Casini, Fitto, Fini, Quagliariello. Finanche Storace e Alemanno appoggeranno “Alfio Nazareno” dopo gli schiaffi ricevuti dalla destra capitolina di Rampelli e Meloni. Il più grande sostenitore di Marchini però è sempre stato Gianni Letta, il Gran Visir andreottiano che ha affogato la rivoluzione liberale nel ministerialismo romano, a base di affari e amici. Letta guida il partito della candidatura della Capitale alle Olimpiadi del 2024 e punta su tre piacioni: Luca di Montezemolo, Giovanni Malagò e Marchini. Poteri forti direbbe qualcuno. Un sodalizio nato sulle macerie della cricca di Bertolaso e Balducci. Proprio Letta non aveva salutato con favore la scelta iniziale di “Guido”. I due hanno rotto, dicono. Ora si torna all’origine. Tutti con “Nazareno Alfio”.
La lotta tra clan e i venti di scissione
La passione azzurra per Marchini risale alla fine dell’estate scorsa. Un altro suo sponsor, Antonio Tajani, lo portò a settembre a una convention del Ppe a Fiuggi e gridò con giubilo: “Prepariamoci a vincere a Roma”. Per tutta risposta, “Alfio” non diede subito una risposta a Berlusconi. Ai suoi ambasciatori si limitò a dire: “Aspetto che mi chiami Renzi e poi decido”. Il premier però non chiamò e nel centrodestra iniziò il tormentone dei veti incrociati, delle primarie e delle gazebarie e soprattutto delle faide: il Vecchio (B.) contro i Giovani (Meloni e Salvini), il trio nordista Toti-Romani-Gelmini contro il cerchio magico di Francesca Pascale e Mariarosaria Rossi.
Già allora “Alfio” corrispondeva al modello di candidato ideale, trasversale e incolore (nel senso ideologico) come i gemelli Sala e Parisi a Milano. Ed è su questa trasversalità che adesso il Condannato punta per un clamoroso risultato a Roma: un ballottaggio tra Marchini e Raggi. Quanto alle faide interne, gli sconfitti fanno circolare voci di scissioni.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 29/04/2016.
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