Il progetto.
Il presidente del Consiglio: ci sono già logo e simbolo del nuovo meccanismo di flessibilità si chiamerà “Ape”. Previsti anche i prestiti bancari.
ROMA – I nati tra il 1951 e il 1953 potranno andare in pensione prima dei 66 anni e sette mesi previsti dalla legge. Sono coloro che sono stati bloccati, e più penalizzati dalla riforma Fornero, che nel 2011 innalzò senza gradualità l’età per l’accesso alla pensione dovendo fronteggiare una situazione di emergenza finanziaria con l’Italia sull’orlo del fallimento. Per chi oggi ha tra i 63 anni e i 65 anni, nel 2017 arriverà l’Ape (che sta per Anticipo PEnsione). Si potrà lasciare prima il lavoro, ma con una penalizzazione sull’assegno proporzionale agli anni dell’anticipo.
Il governo ha scelto questa impostazione e la normativa sarà inserita nella prossima legge di stabilità. L’ha detto ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, rispondendo ad una domanda su Facebook, e aggiungendo che è già pronto il logo dell’Ape e anche le relative slide. Li vedremo presto, perché entro la fine del mese dovrebbe arrivare il position paper del governo sulle pensioni.
A questo punto, anche se la legge di stabilità si approva a fine anno, sembra escluso un ripensamento simile a quello visto nel 2015, nonostante una serie precedente di annunci. Proprio per evitare di fare nuovamente confusione Renzi aveva detto che ne avrebbe riparlato solo quando sarebbe stato certo di poter intervenire. Evidentemente ora lo è. I dettagli sono ancora da definire ma tre punti sembrano fissati: si introducono forme di flessibilità in uscita (è stato fortissimo il pressing di tutte le forze politiche e di quelle sociali); l’intervento riguarderà la coorte di lavoratori che più ha patito il combinato disposto tra l’aumento dell’età pensionabile fissato dalla legge Fornero e l’incremento automatico dell’età in rapporto all’aspettativa di vita stabilito da Tremonti e Sacconi. Sono i lavoratori («i più sfigati», li ha definiti Renzi) che si sono visti allungare di anni la permanenza al lavoro e sono anche quelli che hanno costituito i cosiddetti esodati, che si sono ritrovati senza più stipendio e senza la pensione. Per tamponare questa emergenza sociale sono state necessarie sette salvaguardie (circa 197 mila gli interessati) con un costo di oltre 12 miliardi di euro sottratti ai risparmi ottenuti con la legge Fornero. E ora si parla di un ottavo intervento, perché sarebbero ancora fuori dalla tutela circa 24 mila persone. La flessibilità risolverebbe questo delicato problema. Infine il terzo punto: non sarà una misura strutturale bensì temporanea, valida cioè solo un dato periodo di anni.
Fin qui la cornice nazionale. C’è poi l’aspetto europeo, determinante in questa partita. L’uscita anticipata netta, senza correttivi di varia natura, ha un impatto immediato sui conti pubblici, stimato tra i 5 e i 7 miliardi di euro. Una spesa che si prolunga per 10-15 anni e che gradualmente si recupera per effetto delle penalizzazioni. È però uno schema che le regole europee non ci permettono (a meno, come ha proposto il presidente dell’Inps Tito Boeri, di rivedere il Patto di Stabilità) e neanche quelle nazionali di contabilità pubblica che non prevedono la possibilità di registrare nel bilancio di un anno i risparmi che si realizzeranno in uno successivo. Da qui l’ipotesi su cui stanno lavorando i tecnici di Palazzo Chigi — con un impatto sui conti pubblici inferiore al miliardo — del prestito pensionistico che graverebbe sullo Stato, sul lavoratore o sulle aziende a seconda dei casi. Vediamoli.
Il lavoratore (o la lavoratrice) che vorrà uscire prima per scelta personale riceverà un prestito dalle banche a copertura dei due o tre anni di anticipo. Il prestito sarà rimborsato a rate dall’Inps con una trattenuta sull’assegno nel momento in cui il lavoratore avrà maturato i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Ci sono poi altri due casi: quello del lavoratore che perde il lavoro ma non ha l’età per la pensione, e quello che invece viene prepensionato dall’azienda nell’ambito di un piano di riorganizzazione.
Articolo intero su La Repubblica del 05/05/2016.
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