Minori senza tutele, etero “discriminati” sul divorzio diretto (previsto per le coppie omosex) I dubbi dei giuristi e i possibili ricorsi alla magistratura. Orlando: “I figli? Decidono i giudici caso per caso”.
C’è ben più di una incongruenza dentro la legge Cirinnà sulle unioni civili: dalla stepchild adoption (l’adozione del figlio del partner) alle adozioni in generale, dal divorzio al vuoto legislativo, vengono fuori una alla volta. Ieri il ministro della Giustizia Andrea Orlando, nel corso di un’audizione su adozioni e affido, ha confermato che l’intenzione del Parlamento era di lasciare ai giudici la discrezionalità sulla stepchild per le coppie omosessuali, ammettendo di fatto un vuoto legislativo. Che non è il solo.
Due istituti per diritti quasi uguali
“Di sicuro non è il meglio che si poteva fare, nonostante sia un importante passo avanti per questo Paese”: Marco Gattuso è un giudice civile del Tribunale di Bologna, da sempre impegnato nel diritto della famiglia. “Scontiamo un grande ritardo. Nei Paesi occidentali, negli ultimi dieci anni, c’è stato un movimento verso l’apertura del matrimonio alle coppie omosessuali: Francia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Canada. Nessuno ha riservato un nuovo istituto per le coppie gay e lesbiche. Anche in Germania stanno per superarlo”. Se gli si chiede della discrepanza con l’articolo 3 della Costituzione, secondo cui non devono esserci distinzioni di sorta (tanto meno per le preferenze sessuali) di fronte alla legge, risponde che la discriminazione c’era prima, quando agli omosessuali era impossibile unirsi. Però un problema resta. “Sono stati creati due istituti diversi per diritti e doveri uguali – dice Gattuso, mettendo per un attimo da parte la questione dei figli –. E questo non esclude la possibilità di futuri ricorsi”. Ricorsi che, va detto, potrebbero venire proprio dai coniugi eterosessuali.
Nel costruire un istituto simil-matrimoniale, infatti, il Parlamento ha evitato di portarsi dietro le eredità cattoliche presenti nel matrimonio, come l’obbligo di fedeltà o della separazione prima del divorzio. “Sono retaggi superati dalle unioni civili. Gli eterosessuali, adesso, hanno un elemento in più per chiedere al legislatore o alla Corte costituzionale, di aggiornare anche l’istituto matrimoniale”.Altrimenti, evidentemente, i discriminati diventano loro.
Divorzio diretto, ma non per gli etero
Per interrompere l’unione civile, si legge nel testo della Cirinnà, basterà che i partner, anche separatamente, comunichino l’intenzione di dividersi all’ufficiale dello stato civile. La domanda di scioglimento si può poi proporre tre mesi dopo. “Non funziona così, invece, se si è sposati – spiega al Fatto Barbara Poliseno, ricercatore di diritto processuale civile dell’università degli studi di Bari Aldo Moro –. Per accedere al divorzio bisogna passare necessariamente per la separazione, consensuale o meno”. Con le unioni civili si è introdotto il divorzio diretto, quello che il legislatore non è riuscito a introdurre per le coppie eterosessuali. “Alla fine si sono dovute accontentare del divorzio breve – spiega Poliseno – che comunque prevede un periodo minimo di sei mesi di separazione. Ed è una chiara sperequazione”.
Adozioni: “Nessuna tutela dei minori
“Questa legge, da un lato introduce molte garanzie: eravamo l’unica nazione in Europa con l’ossessione del matrimonio. Dall’altro, però, si concentra sulle tutele tra i grandi e dimentica i minori”, dice Gaetano Azzariti, docente di Diritto costituzionale all’università La Sapienza di Roma. Parla della stepchild adoption ma anche dell’impossibilità per le persone dello stesso sesso di adottare: “C’è un rifiuto ideologico, ma la questione dei minori non può essere ignorata”. Certo, creare un istituto a sé, basato sulla preferenza sessuale, è una scelta politica, ma va esclusa l’incostituzionalità. Ma, per le stesse ragioni politiche, non è stata presa in considerazione la tutela dei minori. “Parliamo più in generale dell’adottabilità: che siano single o sposati o uniti civilmente. Non vedo all’orizzonte un Parlamento che affronti la questione.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 17/05/2016.
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