I consiglieri di maggioranza dem bocciano la proposta dei colleghi Diaconale, Mazzuca e Freccero che chiedono un intervento della Vigilanza.
Come volevasi dimostrare. Il referendum costituzionale di ottobre provoca già scompiglio in Viale Mazzini e traccia un confine invalicabile fra i consiglieri di maggioranza e di opposizione. Come preconizza un giornalista graduato del servizio pubblico che resiste alle intemperie politiche: “Il governo vuole una campagna elettorale permanente che si disputa, soprattutto, sui canali Rai. Allora preparatevi a un estenuante e non elegante duello”. Il prologo è recente: ieri mattina, settimo piano, Cda riunito.
I consiglieri Arturo Diaconale, Giancarlo Mazzuca (entrambi del centrodestra) e Carlo Freccero (eletto dai Cinque Stelle) hanno proposto ai colleghi di votare un documento per sollecitare un intervento della commissione parlamentare di Vigilanza Rai per tutelare il pluralismo sul referendum.
Il motivo: le ragioni del Sì – a favore della riforma che porta il nome di Maria Elena Boschi – debordano nelle trasmissioni del servizio pubblico, mentre il comitato per il No, come ha rammentato il presidente Alessandro Pace, è costretto all’afonia, inesistente.
Il blocco di centrosinistra composto da Rita Borioni e Guelfo Guelfi, espressione del partito dem in Viale Mazzini, ha respinto l’iniziativa di Freccero, Mazzuca e Diaconale per non legare l’azienda a un’intromissione esterna.
Una giustificazione estemporanea che non ha soddisfatto i consiglieri di opposizione perché – che sia l’Autorità garante, la Vigilanza o l’azienda – i palinsesti del servizio pubblico devono agevolare un dibattito equilibrato e uniforme, senza rendere marginale la voce del No. Franco Siddi non ha aderito all’appello ai commissari in Vigilanza – che comunque sarà formulato attraverso una lettera da Freccero & C. –, ma ha esortato l’amministratore delegato Antonio Campo Dall’Orto a non sottovalutare il pericolo di una presenza straripante dei politici che fanno propaganda per il Sì.
Quest’episodio riflette le tensioni che circondano il perimetro di Viale Mazzini, proprio nei giorni cruciali per la definizione dei palinsesti di ottobre e per le nomine nei telegiornali.
Va avanti la litania tanto cara a Matteo Renzi sui talk show brutti, sporchi e cattivi, e dunque per i direttori dei canali è automatico ridurre il numero, peraltro già limitato, dei programmi d’informazione. Come ha scritto il Fatto Quotidiano, Virus di Nicola Porro è soppresso e non sarà rimpiazzato. Anche per non ostacolare Rischiatutto su Rai3 di Fabio Fazio, Rai2 non avrà più dibattiti politici almeno fino a novembre, a referendum consumato. La conseguenza per le opposizioni: meno talk show, meno confronti fra il Sì e il No sul referendum. E poi c’è Ballarò, che sarà rivisitato, in pratica rifondato: via l’attuale struttura con le interviste, le inchieste e le discussioni in studio, via il conduttore Massimo Giannini.
Il direttore Daria Bignardi potrebbe salvare il titolo Ballarò, ma soltanto per non disorientare un pubblico che, a settembre, sarà già molto spaesato: il nuovo Ballarò (forse affidato a Gianluca Semprini di Sky) non avrà somiglianze con il Ballarò di Giovanni Floris e di Giannini. Poca politica, tanta cronaca e molta “società”, che vuol dire tutto e niente.
Ma l’estro di Daria Bignardi si abbatte su Report e Presadiretta. Il capo di Rai3 ha pensato di spostare le trasmissioni di successo di Milena Gabanelli e di Riccardo Iacona: non più la domenica con il traino di Fazio, ma il lunedì dopo le tradizionali secche di inizio settimana della terza rete (complici le serie tv di Rai1).
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 27/05/2016.
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