Guerini sul voto in Spagna: l’impasse di quel Paese deve far riflettere chi vuol cambiare, però ci confronteremo Spinte nel Pd per rinviare il referendum a dopo la Stabilità. No di Renzi: la data dipende dalla legge, non da me.
ROMA – «L’Italicum garantisce rappresentanza e governabilità », sentenzia il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini che pure aveva fatto delle aperture per modificarlo. Il nuovo stallo prodotto dalle elezioni spagnole rincuora i sostenitori della legge voluta da Renzi. Il costituzionalista Stefano Ceccanti, che ha scritto la bibbia delle riforme renziane, “La transizione è (quasi) finita” (Giappichelli editore) sintetizza: «Con il ballottaggio tra Rajoy e Sanchez, la Spagna avrebbe finalmente un vincitore e un governo». Il secondo turno infatti spazzerebbe via il tripolarismo che ormai regna sia nella penisola iberica sia in quella italiana. Ma è tutto così semplice?
Non tanto se è vero che nel Pd e in altre aree del Parlamento, l’idea di una modifica dell’Italicum, dopo il referendum costituzionale, sta diventando ampiamente maggioritaria. La chiedono i cattolici del Pd, Veltroni, Bersani e D’Alema, oltre ai centristi di Alfano e a Forza Italia. Infatti Guerini non vuol e non può chiudere definitivamente la porta. «C’è una legge che non è ancora stata testata. Proviamola. Detto questo, abbiamo sempre discusso e se ci chiedono di discutere, discuteremo». Ma l’invito è a riflettere sul caso spagnolo, alle urne bis nel giro di sei mesi e ancora in mezzo al guado. Lo dice anche il senatore Giorgio Tonini, renziano ed ex veltroniano. «Dalla Spagna arrivano buoni argomenti a favore della riforma italiana», afferma Tonini. L’unico governo possibile infatti, argomenta, «è la grande coalizione tra due forze storicamente incompatibili». Quello che il premier chiama “ l’inciucio”. «L’esito democratico più efficiente si ha con l’Italicum. Oppure con il sistema francese. Ma non con le coalizioni», conclude Ceccanti.
Anche il tema di un rinvio del referendum viene tenuto in sospeso a Palazzo Chigi. Il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia ipotizza un rinvio della data in primavera per svolgere prima il congresso del Pd. «Altrimenti vanno a sbattere il Pd e il Paese», avverte. Ma ieri Renzi ha ricordato che i tempi sono decisi dalla legge: la data va fissata tra 50 e 70 giorni dall’indizione del quesito. Non è possibile andare oltre il 15 dicembre, che è comunque più avanti del previsto 2 ottobre.
Articolo intero su La Repubblica del 27/06/2016.
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