Nel 2015 il Pil è aumentato dell’1 per cento come il Nord Ovest e più del Nord Est Nelle campagne l’occupazione su del 3,3%, bene anche commercio e costruzioni.
ROMA – Il Sud inverte la rotta. Per la prima volta dopo sette anni di discesa il Pil delle regioni meridionali riprende a crescere. Nel 2015 la ricchezza prodotta è aumentata dell’1 per cento, più del resto del Paese (+0,8 per cento). A trainare questa ripresa meridionale è soprattutto l’agricoltura: +7,3 per cento in un anno. C’è un sud che si muove dove comincia a risalire l’occupazione (+1,5 per cento, pari a centomila posti, contro lo 0,6 per cento delle altre aree) anche se per tornare ai livelli pre-crisi mancano ancora all’appello quasi mezzo milione di posti di lavoro. Perché — va ricordato — la recessione italiana ha picchiato più duramente e più in profondità proprio nelle regioni del Sud. Non era successo in occasione delle crisi precedenti. E la ripresa, certificata ieri dall’Istat, si legge, così, anche come un rimbalzo dall’abisso in cui l’economia meridionale era precipitata. Mai comunque il Sud era andato meglio del Nord.
Segnali positivi quindi che non vanno però enfatizzati perché con un’industria ferma la ripresa meridionale può essere davvero traballante. «Con la sola agricoltura non si va molto lontano », osserva Emanuele Felice, professore di Storia economica all’Università autonoma di Barcellona e studioso del meridione. C’è un ritardo negli assetti manifatturieri del Mezzogiorno che rischiano di acuirsi davanti alla prossima rivoluzione digitale. Aziende troppo piccole, poco innovative, scarsamente internazionalizzate. Le eccellenze ci sono (nell’agro-industria, nel settore high tech, nella meccanica avanzata), certo, ma non fanno sistema. È vero sono presenti ancora grandi agglomerati industriali nei settori tradizionali, dall’Ilva di Taranto alla Fiat di Melfi, ma mancano i protagonisti del nuovo corso del capitalismo italiano, quelle cosiddette multinazionali tascabili che macinano fatturati con quote elevate destinate all’estero. «Non è un caso — ragiona Gianfranco Viesti, ordinario di Economia all’Università di Bari — che nel nord ovest come nel nord est l’industria va bene mentre nel Mezzogiorno è ferma».
Gli investimenti pubblici danno qualche segnale di ripresa. Si pensi che dal 2009 al 2013 — stando all’ultimo “Check-up Mezzogiorno di Confindustria” — si erano ridotti di oltre cinque miliardi di euro tornando al valore del 1996. Da questi livelli si riparte. Il 2015, così, è stato un anno positivo anche perché bisognava esaurire la spesa dei Fondi strutturali europei. Il rischio è però che già da quest’anno «si faccia un passo da gambero», come dice Viesti. Di certo gli investimenti pubblici hanno sostenuto le costruzioni (+1,4 per cento) La spinta fondamentale è arrivata dall’agricoltura, dal commercio e dal turismo. Settori molto tradizionali, mentre è opportuno notare che l’unico dato negativo (-0,6 per cento) in termini di valore aggiunto arriva dai servizi finanziari, immobiliari e professionali. Segno di un aggiornamento molto lento del sistema economico. «È andato bene il turismo — spiega Viesti — perché gli altri componenti del terziario hanno smesso di decrescere. E un fattore importante per la buona performance del turismo sono stati i collegamenti low cost. Direi che l’unica cosa che va veramente bene è proprio il turismo, ma non basta».
Articolo intero su La Repubblica del 28/06/2016.
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