La raccolta non va benissimo e il partito manda lettere ambigue a militanti ed elettori.
Per fare la riforma ci vuole il referendum, per fare il referendum la tua firma conta. Se non l’hai ancora fatto, puoi andare nel tuo comune e firmare il modulo blu del comitato Basta un sì. Lorenzo Guerini”. Questo messaggio, via mail e sms, sta raggiungendo in questi giorni iscritti e militanti del Partito democratico.
Il Pd, infatti, sta raccogliendo le firme per il quesito sulla riforma costituzionale. Lo stesso sta facendo il Comitato per il No. La raccolta firme in realtà non è necessaria, perché per promulgare il referendum confermativo sulla riforma costituzionale basta la richiesta di un quinto dei membri della Camera o del Senato, cosa che è già avvenuta.
Le firme, quindi, servono solo a dare più forza alla propria campagna, a mobilitare le persone. E soprattutto a ricevere i 500mila euro di rimborsi elettorali. Al Nazareno sono in difficoltà (le firme vanno presentate il 14 luglio) e così sono partiti i messaggi ai militanti, che però sono fuorvianti, perché inducono i cittadini a pensare che lo svolgimento della consultazione sia legata alla raccolta delle firme.
Il messaggio di Guerini sopra citato è di per sé ambiguo, ma, per fugare ogni dubbio, eccone un altro inviato dal Pd di Bologna ai suoi iscritti. “Carissimi, è iniziata la raccolta firme per poter indire il referendum costituzionale di ottobre. Chi di voi volesse firmare può venire al circolo. È importante farlo per dare avvio a questo strumento di partecipazione democratica”, si legge nel messaggio. Insomma, senza firme, non ci sarebbe referendum.
E messaggi di questo tipo circolano un po’ in tutta Italia. Eccone un altro inviato dal Pd di Varese. “Cari/e, il segretario Renzi ci sta chiedendo un ultimo grande sforzo per continuare a raccogliere le firme per il referendum. Come sapete, è la madre di tutte le campagne elettorali per il nostro governo e va fatto il massimo sforzo possibile”. Qui addirittura si sottolinea come il referendum sia legato a doppio filo alla vita dell’esecutivo.
“Si vede che anche loro si sono accorti di quanto sia difficile la raccolta. E stanno usando ogni mezzo, anche quelli di marketing…”, sorride un po’ amaramente Pippo Civati, che proprio oggi partirà con il suo tour per fare campagna per il No.
La notizia dei messaggini ambigui è arrivata anche al Comitato per il No. “Non vogliamo fare polemiche. Reputo però un’anomalia politica la raccolta di firma da parte del Pd. Dovremmo essere solo noi a farlo”, osserva Alfiero Grandi, uno dei promotori del No. Per loro raggiungere le 500mila adesioni serve a potersi costituire in comitato e dunque ad avere più titolarità a rappresentare il No nei dibattiti televisivi, durante la par condicio. “Non raggiungere la quota ci renderebbe più deboli, anche economicamente, perché finora i soldi li abbiamo messi di tasca nostra”, aggiunge Grandi. A firme anche loro non sono messi bene, ma dati ufficiali non ce ne sono. “Faremo il punto venerdì”, dicono.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 28/06/2016.
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