Pubblicata l’inchiesta sull’intervento britannico I familiari delle vittime: “Un criminale da perseguire”.
LONDRA. «Una lezione su come non andare in guerra». È la conclusione del rapporto Chilcot sull’invasione dell’Iraq: un atto di accusa senza precedenti contro l’allora primo ministro Tony Blair. «La guerra non era necessaria», afferma sir John Chilcot, il presidente della commissione d’inchiesta, riassumendo un’indagine di 13 volumi, durata 7 anni e costata 10 milioni di sterline.
«Non c’era un’imminente minaccia da parte di Saddam Hussein», l’intervento militare «non era l’ultima opzione» perché c’era ancora spazio per azioni diplomatiche, l’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq (poi si scoprì che non ce n’erano) fu presentata come una certezza «in maniera ingiustificabile», non è chiaro perché il Procuratore Generale cambiò idea all’ultimo momento giudicando la guerra legale, ed i preparativi, l’occupazione, l’intelligence furono altamente inadeguati.
Il rapporto non dimostra bugie o imbrogli da parte di Blair, ma è un grave colpo alla sua reputazione politica. La frase «starò con voi in qualunque caso», trovata in una email al presidente americano Bush, «dovrebbe diventare il suo epitaffio », commenta il Guardian.
Fuori dal palazzo di Westminster dove viene diffuso il rapporto, dimostranti chiedono che l’ex-premier venga messo sotto processo; e i familiari dei soldati uccisi si «riservano il diritto» di portarlo in tribunale. «È lui il terrorista peggiore di tutti», dice la madre di uno dei 200 soldati inglesi morti in Iraq. «Mi scuso a nome del mio partito per la disastrosa decisione di entrare in guerra », dichiara alla camera dei Comuni il leader laburista Jeremy Corbyn. Ma il primo ministro dimissionario Cameron osserva che dal rapporto non emerge la volontà di Blair di ingannare il paese.
Articolo intero su La Repubblica del 07/07/2016.
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