La sindaco Cinque Stelle presenta la giunta e lancia un “monito” ai suoi: “Siamo e resteremo cittadini”. Per il Movimento inizia la prova più difficile.
Un saluto ai cittadini qui presenti e a chi ci segue in streaming”. Benvenuti nella Roma a Cinque Stelle. Eccola Virginia Raggi, che in un pomeriggio di afa equatoriale porta il blog di Grillo nella pancia del Campidoglio. La sindaca che cita come esempi due ex sindaci del Pci, quello del Berlinguer della questione morale, e parla di “città in macerie”. La neofita che mette in fila parole come codici: “umiltà”, “onestà”, “casa di tutti i romani”. Ovviamente giacobina, nella traduzione del M5s: “Siamo cittadini e tra i cittadini dobbiamo rimanere”. Così debutta la neo sindaca di Roma Raggi, in un Comune stracolmo di giornalisti e tifosi. Parte con un discorso di insediamento, corretto a braccio, dove si annida il senso della sfida per i 5Stelle a Roma.
Il senso sta “nel monito”, come lei stessa definisce la chiosa dell’intervento. L’avvocatessa finita sulle copertine di mezzo mondo promette che non perderà l’anima, che non si chiuderà nel Palazzo. Può essere un buono proposito o mera propaganda. Di certo suona come la medicina da ingoiare per non impazzire di potere, per il Movimento che ha espugnato Roma e ancora non ci crede. Ma che già vuole tutto, vuole il governo. Però la strada per il Palazzo con la P più grande passa dal Campidoglio, e guai a sbandare. Così bisogna puntare su di lei, su “Virginia”. Tutti. E allora davanti agli scranni, ammassati sulle sedie, tanti parlamentari del M5s. E i big, dal romano Alessandro Di Battista vestito da ministro, all’ortodosso Roberto Fico in jeans. Luigi Di Maio, il primus inter pares, è in viaggio in Israele, per accreditarsi come candidato premier. Però benedice da fuori: “Sarà una squadra che meraviglierà, non ci saranno persone in quota M5S”. Il messaggio è che il Movimento non lottizza. E il principale argomento è la lista degli assessori, otto su nove tecnici.
A rappresentare il M5s c’è “solo” Daniele Frongia, vicesindaco con deleghe alla Qualità della vita all’Accessibilità, allo Sport e alle Politiche giovanili. È il primo dei collaboratori della Raggi, siede alla sua destra. Avrebbe voluto fare il capo di gabinetto, ma stando alla legge Severino avrebbe dovuto agire da dimezzato, senza potere di firma. Così eccolo lì, il vice che volevano proprio i parlamentari: politico, quindi controllabile.
Loro, gli esterni, sono otto. Come Marcello Minenna, il dirigente Consob tramutato in super-assessore con deleghe a Bilancio, Partecipate e Patrimonio. Mentre l’Urbanistica sarà di Paolo Berdini, una storia contro gli scempi dei costruttori, una storia di sinistra. Ce n’è di rosso nella giunta, se si pensa anche al veltroniano e poi civatiano Luca Bergamo (Cultura). Ma il nodo è un altro. “Dobbiamo radicare i valori del M5s in Campidoglio, e battere il sistema Roma” ragiona Fico. E il senatore Andrea Cioffi: “Dobbiamo dare tutti una mano”. Incombe sempre l’accusa, il dubbio, sulla sindaca eterodiretta da Milano, da Grillo, dai parlamentari. Di Battista ribatte: “Il M5s è una comunità ma il sindaco è lei, non le dò consigli”.
Roberta Lombardi, con cui Raggi ha scambiato duri colpi per mesi, è in quarta fila a battere le mani. I lavori partono, ed è subito piccolo intoppo da debuttanti. Si vota il presidente dell’Aula, che come è previsto è il 5Stelle Marcello De Vito. Ma la prima votazione va ripetuta, per la scomparsa di una scheda. Dettagli, nell’aula dove il Pd siede a sinistra come previsto. Lei, Raggi, dopo le 18 giura sulla Costituzione. Poi è tempo di discorso, rilanciato sul blog di Grillo.
La sindaca declina trasparenza: “Le sedute saranno trasmesse in streaming, e stiamo lavorando anche per quelle delle commissioni, bisogna ristabilire un rapporto di fiducia con i cittadini”. E cita Luigi Petroselli, il sindaco comunista dell’Estate romana, delle innovazioni, morto nel 1981 dopo due anni di mandato: “Nel suo discorso di insediamento rievocava con forza il sentimento dell’umiltà, raccogliendo l’eredità di un altro gigante della storia capitolina, Giulio Carlo Argan”. Un filo che si annoda con il Grillo e il Casaleggio che elogiavano Berlinguer. Però, Raggi ha anche voglia di rivendicare: “Ho presentato la giunta nei tempi, il 7 luglio, come avevo promesso, senza ritardi”. Scandisce: “La città è in macerie, ma questa è la nostra grande occasione, ce la faremo”. Presenta gli assessori, uno a uno.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 08/07/2016
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