La deformazione professionale che porta chi fa politica a dire bugie non è una novità. Già nell’Ottocento il Cancelliere di ferro Otto von Bismarck spiegava: “Non si mente mai così tanto come prima delle elezioni, durante la guerra e dopo la caccia”. Totalmente nuova è invece la tendenza suicida della nostra classe dirigente che, non avendo ben capito come funzionano i social network, giorno dopo giorno fa di tutto per essere smascherata.
Un tempo mentire era molto semplice e in fondo quasi innocuo. Il leader di turno sparava una balla, faceva una promessa assurda e dopo qualche giorno ogni sua parola era già dimenticata. Solo pochissimi cittadini avevano la possibilità di consultare le collezioni dei giornali, in pochi in ogni caso li leggevano, e chi guardava la tv, o ascoltava la radio, non archiviava nulla.
Perché una bugia entrasse davvero nella mente degli elettori era necessario che fosse enorme, chiarissima e da tutti riconosciuta. Oggi invece basta un tweet. Il resto lo fanno poi i fatti e la memoria quasi indelebile della Rete.
Non per niente in questi giorni, mentre è impegnato a condizionare la nomina dei nuovi direttori dei telegiornali Rai, Matteo Renzi deve fare di nuovo i conti con i tweet del 2012 e del 2014 nei quali, senza possibilità di fraintendimenti, sentenziava: “Via i partiti della Rai, via da Finmeccanica, via dalle nomine nei Cda. L’ho detto a #serviziopubbico, ma lo dicevamo fin dalla Leopolda”. Per poi ribadire alla vigilia delle elezioni europee “Niente paura il futuro arriverà anche alla Rai. Senza ordini dei partiti #cambiaverso #italiariparte”.
Così la promessa rottamazione – sostituita dalla solita lottizzazione – diventa la #rottizzazione di Renzi (hashtag di Enrico Mentana). E se la cosa spinge a un’immediata risata, è invece una faccenda tremendamente seria dal punto di vista politico. L’interrogativo è: quante bugie o castronerie può sparare sul web un leader prima di bruciarsi definitivamente?
Per chi scrive è verosimile ritenere che il numero di balle concesse a ciascun politico dipenda dal ruolo istituzionale ricoperto. Finché stai all’opposizione tutti sono più indulgenti. Il tweet di Carlo Sibilia, membro del direttorio dei 5stelle, in cui nega lo sbarco sulla luna (“nessuno si sente di dire che era una farsa”), viene oggi relegato tra le stramberie folkloristiche perché il Movimento non governa. Le cose forse cambieranno, o almeno dovrebbero cambiare, nel momento cui i 5Stelle si trovassero a comporre la lista dei ministri o dei sottosegretari.
Ma proprio alla luce di questi esempi (se ne potrebbero fare decine di altri) viene da pensare che chi aspira a rappresentare i cittadini dovrebbe essere educato, così come accade sempre spesso coi minorenni, all’utilizzo dei social. Se a un teenager viene spiegato che postare una foto in cui fuma uno spinello è pericoloso non solo dal punto di vista legale, ma anche da quello lavorativo perché un domani un’azienda potrebbe decidere di non assumerlo, ai politici andrebbe consigliata qualche buona lettura.
Da Il Fatto Quotidiano del 31/07/2016.
Rispondi