Da Nord a Sud – Il gruppo siciliano, sospettato di essere vicino alle cosche, oltre alla ristrutturazione dell’istituto, ha fatto lavori per l’esposizione milanese.
Non solo la scuola elementare “Romolo Capranica” di Amatrice, il nome del gruppo messinese dei Mollica, sospettato di essere vicino ai boss di Cosa Nostra, è legato a decine di altre opere pubbliche in Italia. Su tutte: la costruzione delle fondamenta sulle quali sono stati poi montati i padiglioni stranieri per Expo. Ad Amatrice qualcosa, però, non ha funzionato. Nonostante la messa in sicurezza, la scuola è crollata lo stesso.
E mentre la Procura di Rieti indaga, alcune riprese televisive mostrano addirittura retine simili a zanzariere e polistirolo nelle strutture portanti poi distrutte dal terremoto. Lavoro, dunque. Ma anche contatti, amicizie e legami per i Mollica. Con la politica soprattutto. Quella siciliana, ma anche quella nazionale che anima i palazzi romani. Senza mettere da parte le ombre di collusioni mafiose sollevate da una interdittiva del 2013, poi annullata dal Tar del Lazio nel 2014. Ad Amatrice l’appalto per la messa in sicurezza del polo scolastico è andato alla Valori Scarl, che ha poi girato i lavori alla romana Edilqualità srl. Il maggior esponente del gruppo che controlla anche la Valori è Francesco Mollica, nato a Patti il 24 luglio 1977 di professione avvocato con una laurea all’Università romana di Tor Vergata.
Il giovane imprenditore è figlio di Domenico Mollica classe ‘55, il quale, assieme ai fratelli Pietro e Antonino, è legato al consorzio Aedras destinatario dell’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Roma. Di più: Francesco porta in dote un matrimonio di peso con Daniela Cardinale, oggi onorevole con casacca Pd e figlia dell’ex ministro per le Comunicazioni (secondo governo Amato, anno 2000) Salvatore Cardinale.
Ma la passione del gruppo Mollica per la politica è storia antica. Relazioni pericolose che vengono raccontate dalla commissione parlamentare Antimafia, all’epoca presieduta da Ottaviano Del Turco, che nell’aprile 1998 affronta il cosiddetto “caso Messina”, ovvero quell’intreccio criminale tra mafia e corruzione. Nella relazione viene descritto nei particolari il rapporto di amicizia tra Domenico Mollica e l’allora sottosegretario all’Interno Angelo Giorgianni che per questo fu costretto alle dimissioni. All’epoca a capo del Viminale c’era Giorgio Napolitano. Sul futuro presidente della Repubblica si disse di una sua gita a bordo di uno yacht affittato da Mollica. Circostanza subito smentita.
Giorgianni, ex pm, entra in Parlamento con Rinnovamento italiano. Scrive l’Antimafia: “Si è accertata, attraverso contatti informali, la dimensione effettiva del Mollica, ma anche la sua figura sotto il profilo morale”. Secondo la commissione è “sufficiente seguire le motivazioni sulla base delle quali fu deciso lo scioglimento del consiglio comunale di Piraino (città di origine dei fratelli Mollica, ndr), il 30 settembre 1991per comprendere che non siamo di fronte a una figura esemplare del panorama messinese”.
Una “figura sociale”, quella di Mollica, che l’allora uomo di governo Giorgianni “sicuramente conosceva”. Davanti a un tale rapporto, si legge nella relazione, va aggiunto “il tentativo scorretto operato più volte dal senatore Giorgianni di motivare le sue frequentazioni discutibili con personaggi non proprio irreprensibili con la chiamata in campo di altre numerose e autorevoli personalità della politica e del governo”. Testimone privilegiato di questo rapporto fu un magistrato che, invitato da Giorgianni in una discoteca di Capo d’Orlando, si trovò di fronte lo stesso Mollica. Da qui lo sconcerto di quel pm che lasciò subito il locale.
Alla domanda sulla sua amicizia con Mollica, Giorgianni risponde alla Commissione: “Che motivo avevo, incontrando Mollica, di non sedermi al tavolo con lui quando l’avevo incontrato più volte con parlamentari della maggioranza e delle opposizioni, con rappresentanti di governo?”. Ombre, poi, vengono sollevate quando Giorgianni era pm a Messina. In quanto tale, all’epoca, ottenne gli atti di un’indagine calabrese che coinvolgeva i Mollica. In quelle carte gli imprenditori venivano descritti come “promotori di un’organizzazione criminale per conseguire la gestione di numerosi appalti (…) anche attraverso il condizionamento politico”.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 28/08/2016.
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