Non si tratta – Il governo vuole che la spesa per il piano di messa in sicurezza degli edifici resti fuori dal deficit, Bruxelles dice no. Il premier: “Ciò che serve ce lo prendiamo”.
L’Italia non può scomputare dal calcolo del deficit i soldi per un grande piano di prevenzione del rischio sismico. Bruxelles chiude a qualsiasi velleità del governo. Chi segue i conti pubblici ai massimi livelli ammette: “Non c’è nessuno spazio, all’interno di quello schema, per ‘Casa Italia’”. Cioè il progetto di investimenti pluriennali per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio italiano evocato dal premier dopo il sisma. Ieri Matteo Renzi ha preparato il terreno lanciando minacce a Bruxelles dal Tg1: “All’Europa diciamo che quel che serve per ‘Casa Italia’ lo prendiamo, punto”.
Il piano per ora è vago. Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio spiega che “non è il momento degli annunci”, eppure qualcosa viene passato ai giornali con tanto di numeri: un investimento da 3 miliardi l’anno (la cifra già indicata da tutti gli esperti fin dagli anni 90). Il tutto accompagnato dall’evocativo “La partita è da giocare con l’Ue”, per far sì che questa spesa non venga calcolata nel deficit. Una nuova forma di “flessibilità”. Al Tesoro – dove mercoledì si farà il primo punto in una riunione alla presenza del ministro Pier Carlo Padoan – però, si sa già che la partita non si può giocare, se non con una forzatura senza precedenti delle regole.
La “flessiblità” è la possibilità di deviare dal processo verso il pareggio di bilancio, cioè il saldo zero tra entrate e uscite dello Stato. È un dogma (inserito pure nella Costituzione) a cui l’Italia s’è impiccata, salvo rimandare sempre il momento di rispettarlo. Da ultimo, Renzi ha rinviato tutto al 2019. Il governo ha ottenuto uno sconto per quest’anno dell’1% del Pil (16 miliardi) invocando tre “clausole” (riforme, investimenti e migranti) ora ne vorrebbe un altro da 10 miliardi per il 2017. Il guaio è che in cambio del primo ha ottenuto da Bruxelles di poter portare l’anno prossimo il rapporto deficit/Pil all’1,8% (invece dell’1,1%), ma vincolandoci a una correzione da 10 miliardi. Con le stime di crescita da rivedere al ribasso e con molte promesse da rispettare (dal taglio dell’Ires alle pensioni minime, ai soldi per gli statali), il governo doveva già trovare almeno 15 miliardi per restare nei parametri di bilancio. Con ‘Casa Italia’ il conto sale.
Ieri un portavoce della Commissione Ue ha spiegato che la via percorribile dal governo italiano è strettissima: “Con le attuali regole ci sono modi per escludere i costi a breve termine in risposta alle catastrofi maggiori, che vengono considerati misure one-off escluse dagli sforzi di bilancio quando si valuta il rispetto del Patto di Stabilità. Lo abbiamo già fatto per i terremoti in Abruzzo ed Emilia-Romagna”. Un piano a lungo termine non è mai stato presentato. Ma non sarebbe finanziabile per quella via.
Le misure one-off sono quelle che permettono di scomputare le cifre dal calcolo del deficit in quanto “eventi eccezionali” indipendenti dalle scelte dei governi a patto che abbiano una dimensione di almeno lo 0,1% del Pil (1,6 miliardi). Come tutte le norme Ue, però, è rimasta inapplicata e l’Italia ha scomputato già in passato misure inferiori per condoni edilizi, rientro dei capitali detenuti all’estero, ecc. Per il terremoto dell’Abruzzo ha scomputato 951 milioni spesi nel 2009, per l’Emilia non risulta nulla. Si tratta di spese a breve termine (nell’anno stesso) per costi “direttamente e immediatamente fatti scattare dalla catastrofe”. Stop.
L’Italia può poi beneficiare del Fondo di solidarietà europeo (Fsue) ma le richieste devono pervenire entro 12 settimane dal sisma: L’Aquila ha ottenuto 494 milioni, l’Emilia 670. Ora la cifra massima ottenibile è scesa a 354 milioni (solo 30 subito disponibili) ma – si legge nei documenti ufficiali – sono soldi vincolati a coprire solo i costi del primo soccorso, per riparare “infrastrutture essenziali” o “beni culturali”. I danni ai privati sono considerati “assicurabili, e quindi non vengono coperti”. Risarcimenti a carico del pubblico non sono contemplati. E sgravi fiscali generalizzati ai territori colpiti sono finiti nel mirino della Commissione come “aiuti di Stato”: Bruxelles ha chiesto di restituire i soldi (è il caso dell’Abruzzo).
A Palazzo Chigi l’unica idea rimasta è quella di forzare le regole confidando – come appena successo a Spagna e Portogallo – che sforamenti dei parametri non verranno sanzionati da Bruxelles.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 30/08/2016.
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