L’emergenza.
L’ex governatore nominato commissario: “Meno burocrazia, più trasparenza”. Pronto il piano per le prossime settimane: tra primi i risultati da raggiungere il ripristino dei servizi pubblici.
RIETI – La sua missione è il futuro di oltre 4mila sfollati. Rifondare Amatrice, Accumoli, Pescara, Arquata con tutti gli altri borghi rasi al suolo. E quasi tutti sepolti, dal grande terremoto, nel mare di 1 milione e 120mila tonnellate di macerie che adesso rappresentano il primo banco di prova da cui ripartire. Molti numeri e una road map già tracciata affiorano dal dossier che accompagna da ieri Vasco Errani. Il neo commissario straordinario alla ricostruzione fissa un’agenda fittissima di incontri e sopralluoghi, ma non ha ancora scrivania né struttura. «Quello verrà dopo».
Prima mossa: immergersi nei luoghi feriti a morte. Così, dalle due del pomeriggio alle dieci di sera l’ex governatore dell’Emilia attraversa luoghi, crateri e storie della devastazione nelle aree del Reatino. Oggi sarà anche in Umbria e Abruzzo. Scenari tragicamente simili a quelli vissuti dalla sua terra, solo qualche anno fa. «Niente spot. Prima vedo, prima capisco. E poi parlo», dice Errani alla squadra della Protezione civile che lo affianca. C’è da progettare la seconda vita: non solo per i nuclei familiari, ma per servizi superstiti e comunità mutilate. E le insidie sono già in agguato: l’autunno rigido bussa alla porta, si formano le prime lastre di ghiaccio nei campi di accoglienza.
Un discrimine temporale divide i poteri del commissario Errani da quelli della Protezione civile. Mentre quest’ultima macchina, articolata ed elastica, si concentra sulle fasi emergenziali e di medio termine, la struttura guidata dal commissario impegna ricerche, mezzi e risorse esclusivamente ai fini della ricostruzione. Ma i due livelli si muovono, fin d’ora, fianco a fianco.
Tre step nel dossier Errani. Primo, abbandonare le tende: trasferire in alberghi, camper, roulotte o verso altra destinazione tutti quelli che hanno perso la casa. Tra questi, c’è chi avrà accesso all’incentivo Cas (“contributo autonoma sistemazione”) per organizzarsi in attesa del nuovo alloggio. Secondo tempo: i servizi da far ripartire subito, lì dove possibile. Ad esempio: nelle varie province colpite dal sisma, che attraversano 4 regioni e 8 prefetture, sono stati già stati eseguiti una settantina di sopralluoghi e verifiche di agibilità. Tutti mirati sia sulle scuole («Dobbiamo farle ripartire con l’anno che comincia»), sia su ospedali, caserme e “luoghi strategici”. Il motivo: se in un paese restano accessibili istituti e servizi, allora si può ricostruire, altrimenti bisogna radicarsi altrove. Terzo tempo: il passaggio intermedio. Il commissario Errani, con i sindaci e i tecnici di Cnr, Enea, Ispra e Arpa Lazio mobilitati dalla Protezione civile, stanno già esaminando almeno una trentina di aree per poter fare arrivare — non prima di qualche mese, nella migliore ipotesi — le casette di legno. Sono i cosiddetti Map, (“moduli abitativi provvisori”) che precedono la vera e propria ricostruzione delle case.
Per Errani, ora, la politica passa in secondo piano. «So cosa significa un terremoto perché l’ho vissuto. Prima di tutto viene la credibilità. E vengono le persone e le loro problematiche ». Quindi, si impegna: «Meno burocrazia, più fatti, più trasparenza ». Né vuole disperdere energie nei conflitti tra renziani e anti renziani. «Non avrei mai accettato un incarico in chiave maggioranza-minoranza interna al Pd. E devo dire che nemmeno è stato mai pensato dal premier. Adesso io sono un uomo delle istituzioni, faccio questo». L’obiettivo è rimettere in piedi quel pezzo di centro Italia. E stavolta, come ti spiegano con dovizia di dettagli nella mega cabina di regia della Dicomac, a Rieti, si sperimenta un modello del tutto inedito di gestione. La situazione dei 4mila senzatetto di Amatrice e dintorni, infatti, è meno pesante dell’emergenza dell’Aquila (anno 2009), dove si ritrovarono in 70 mila senza una casa, o dell’Emilia (2012) dove gli sfollati furono 16mila. Ma stavolta tutto è più complicato per le regioni — Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo — e i vari livelli istituzionali coinvolti. Non solo: il grande boato del 24 agosto è stato più distruttivo, se si pensa che interi centri storici non esistono più. Allo stesso tempo, di fronte a un paesaggio tabula rasa, «potrebbe essere relativamente più veloce ricostruire ». Un processo comunque articolato, beninteso, in cui avranno peso anche le valutazioni di valore paesaggistico e artistico espresse dalle Soprintendenze, non a caso insediate nella stessa centrale della Dicomac.
Articolo intero su La Repubblica del 02/09/2016.
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