Il premier vuole tempo per far salire i consensi. Quel giorno si vota pure in Austria.
Dura 15 minuti il Consiglio dei ministri che stabilisce la data del referendum costituzionale: Matteo Renzi propone il 4 dicembre e il 4 dicembre si voterà. A indire i comizi elettorali è il Quirinale, ma a questo punto il percorso è segnato. Il premier aveva già deciso nel weekend, dopo aver parlato in maniera informale con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Colle non era contrario a questa data. Tra il 27 novembre e il 4 dicembre, le due possibilità, nulla cambia: l’importante era mettere in sicurezza la manovra finanziaria. Così dovrebbe essere votata alla Camera e incardinata in Commissione pure al Senato. Un modo per tranquillizzare mercati e investitori stranieri.
Renzi sceglie l’ultima domenica disponibile prima del ponte dell’Immacolata (11 dicembre): ha bisogno di tempo per far dimenticare il più possibile l’idea che la consultazione sia un plebiscito su di lui. E ha bisogno di far risalire i sondaggi o, se non ci riesce, preparare un “Piano B”.
Secondo il mantra della “spersonalizzazione” non scende neanche in conferenza stampa. Assente pure Maria Elena Boschi (in Sudamerica). Manda il sottosegretario Claudio De Vincenti a mettere la faccia sulla convocazione delle urne (saranno aperte in un solo giorno, dalle 7 alle 23). Lui, intanto, fa partire la e-news, nella quale rivendica la strategia. “Dobbiamo raccontare cosa stiamo facendo e cosa faremo”, scrive.
Ancora una volta, il tentativo è spostare l’attenzione dalla riforma e metterla sull’azione di governo. La stessa scelta delle ultime due elezioni amministrative: non ha pagato troppo. Poi se la prende con gli “urlatori di professione”, tra i quali mette anche il direttore del Fatto Marco Travaglio.
Nel frattempo, le opposizioni protestano: i Cinque Stelle sostengono di essere stati ignorati nella decisione di quale domenica scegliere, Renato Brunetta e tutta Forza Italia profetizzano comunque la sconfitta del premier, Calderoli per la Lega dice chiaro e tondo che il premier prende tempo perché i contrari sono avanti, Scotto e De Petris di Sinistra italiana parlano di “trucchi”. E Alfiero Grandi del Comitato per il No che riunisce i maggiori costituzionalisti italiani chiede “un forte No” a tutti gli italiani.
D’altra parte, lo stesso De Vincenti ammette: “Ci sembra che da qui al 4 dicembre ci sia il tempo per sviluppare e approfondire un confronto tra i cittadini sui contenuti della riforma costituzionale”. Come se la campagna elettorale non fosse in corso da mesi.
Ma a Palazzo Chigi sanno che per vincere hanno bisogno di una cifra variabile tra i 14 e i 16 milioni di Sì. Tantissimi. Per questo, serve riconquistare tutti gli indecisi. E così, siamo di fronte a un inedito: come nota Federico Fornaro (minoranza Pd) non c’è mai stata prima un’elezione a dicembre. Solo due precedenti a novembre: il 23 per le elezioni politiche (era il 1890) e l’8 per un referendum (era il 1987).
Il 4 dicembre, peraltro, si vota in Austria: in lizza ci sono il verde Alexander Van der Bellen e l’ultra-nazionalista Norbert Hofer. Anche la tentazione di legare il voto referendario alla paura del trionfo delle destre in Europa, però, è un’idea che scolora, visti gli attuali rapporti non idilliaci di Renzi con Angela Merkel e Francois Hollande.
Di certo c’è che il premier cerca finanziamenti dagli elettori e spera nella nascita di “comitati su comitati” (operazione affidata al senatore Pd Roberto Cociancich, che fu suo capo scout). E ancora, l’annuncio: giovedì al teatro Obihall di Firenze Renzi aprirà la campagna referendaria. Una scelta “particolare” la definisce lui, ricordando come da lì, 8 anni fa, partì la sua candidatura alle primarie per diventare sindaco. È almeno la terza volta che la campagna si apre ufficialmente (a Firenze a maggio; a Bergamo sempre a maggio; un’altra era prevista a Catania, alla Festa dell’Unità, ma poi ci ha ripensato).
Tante false partenze alla ricerca del messaggio giusto. E a proposito di campagne, ieri nella e-news Renzi ne cita un’altra: “La prossima volta che qualche dirigente vorrà fare una campagna di comunicazione sul Fertility Day lo obbligheremo a chiedere consiglio a Zalone”, scrive.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 27/09/2016.
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