Strategie, Prima l’incontro tra il premier e “Fidel”, poi gli inviti del braccio destro di B. a un nuovo Patto del Nazareno: intanto le tv sostengono la legge Boschi.
Come vanno d’amore e d’accordo Mediaset e Matteo Renzi. Più che un nostalgico del patto che fu siglato al Nazareno, il presidente Fedele Confalonieri è un dirigente pragmatico che s’adopera per tutelare gli affari. Nient’altro. “Mediaset è un’azienda di governo e con un governo renziano, solido e amico, non può temere agguati politici”, affermano a Cologno Monzese. Impresso nei pensieri dei dirigenti che non rifiutano il dialogo con l’esterno, il postulato è valido anche per il referendum.
A Mediaset augurano lunga vita all’esecutivo di Renzi, non sfoderano “speciali” contro la riforma costituzionale intestata a Maria Elena Boschi, non sbraitano accanto ai parlamentari di Forza Italia per il No. Perché considerano un pericolo l’eventuale capitombolo renziano al referendum e, soprattutto, la prospettiva di un governo ostile: con apprensione, rammentano al Biscione, l’azienda ha superato le stagioni di Romano Prodi e di Mario Monti, quest’ultimo con il ministro Corrado Passera ha abolito l’assegnazione gratuita delle frequenze televisive. Uno spiacevole ricordo. Al fiorentino interessa il pubblico di Mediaset e l’azienda l’ha sempre ospitato con piacere: incursioni sul calcio a Tiki Taka, lezioni di economia con la lavagna a Rete4, salottino domenicale da Barbara D’Urso. Un trattamento mai riservato a Prodi, Monti e Letta.
Quando l’agenda è benevola, Confalonieri accoglie il fiorentino nei camerini. Il rapporto è frequente e proficuo. Un paio di mesi fa, con molta discrezione, Matteo ha incontrato “Fidel” per una lunga discussione sui temi di attualità, una chiacchierata non scevra di riferimenti all’ordalia referendaria. Palazzo Chigi e Confalonieri, contattati, non aggiungono commenti all’episodio che testimonia la sintonia fra il capo del governo e il capo del Biscione.
Il voto è segreto, appare scontato, ma Cologno Monzese ha già barrato lo spazio del Sì. È accaduto lo scorso giugno. Quando il consiglio generale di Confindustria ha approvato all’unanimità un documento saturo di encomi all’esecutivo per sostenere la riforma: “La nostra è una scelta a favore della governabilità, della competitività e del valore della responsabilità”. I rappresentanti di Mediaset in Confindustria hanno aderito all’iniziativa senza dubbi e reputano quel documento essenziale per decifrare la posizione dell’azienda sul referendum.
Al Biscione fatturano gli introiti pubblicitari, presidiano le porzioni di mercato (e quant’è gradevole la Rai, un servizio pubblico debole), non discettano di bicameralismo paritario. Il referendum è una questione di opportunità. Renzi è un interlocutore affidabile per Confalonieri: anche di recente – come dimostrano le numerose dichiarazioni pubbliche – ha suggerito al Cavaliere di riannodare il legame con il governo.
Per competizioni interne al convulso settore di centrodestra, Berlusconi non può assistere il fiorentino durante la propaganda del referendum, ma farà una leggera (simbolica?) campagna per assecondare Renato Brunetta e Maurizio Gasparri, agguerriti oppositori di Renzi. Oltre ai problemi di salute che gli impediscono una presenza costante in politica, va segnalato che il Cavaliere s’è espresso per il No con un formale e inutile comunicato per sancire un presunto accordo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Con i programmi di Maurizio Belpietro, Paolo Del Debbio e Nicola Porro, il Biscione rivendica un’offerta informativa equilibrata. Confalonieri pretende una televisione “polifonica” e il pluralismo di Mediaset – provocano – fa impallidire Viale Mazzini. I quattro telegiornali, però, amplificano il verbo di Matteo: in agosto, per esempio, ai componenti del governo e ai parlamentari dem hanno concesso il 40 per cento del tempo di parola nei servizi politici.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 05/10/2016.
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