L’Europa è peggiore delle descrizioni pessimistiche e dei timori e ansietà tante volte discusse. Una serie di brutti eventi delle ultime settimane lo provano. Ciò che sta accadendo non è la fine dell’Europa ma la grave crisi intellettuale, morale, politica di alcuni Paesi. Stiamo parlando, ormai, di una Europa con confini diversi e principi di civiltà che, si è scoperto, non possono essere accettati da tutti. È evidente che la pressione migratoria non è che un terribile, penoso pretesto.
La rivelazione più concertante è arrivata col Brexit, che ha fatto apparire l’Inghilterra come un Paese in cui è tornata all’improvviso una anima antica, pre-dickensiana, egoista e ottusa, che dopo avere fatto fortuna con un esercito di stranieri dei migliori livelli professionali, adesso ne vuole l’elenco da ogni azienda per escluderli, in quanto non inglesi, e facilitare l’ingresso di inglesi peggiori, che, in un libero mercato dei talenti, non erano stati scelti. È grave e doloroso perdere un partner dell’Unione Europea come l’Inghilterra, ma è più grave ciò che il Brexit ci ha detto sulle rozze e brutali modalità del distacco. L’Ungheria e la Polonia reclamano il diritto di essere fascisti e fondamentalisti alla vecchia maniera di questo continente e di quegli stessi Paesi mentre si preparava la seconda guerra mondiale. Ciò che li esclude da qualunque progetto di Unione europea, è il fanatismo nazionalista che sembra pervaderli, e la distruzione, senza vergogna e senza scuse, delle più fondamentali libertà dei loro cittadini. Bene, l’Europa sarà più piccola ma adesso si capisce che, nel progetto di Altiero Spinelli, De Gasperi e Shumann, non si può convivere con Teresa May che vuole gli elenchi dei non inglesi, di Orban d’Ungheria, costruttore di muri e di referendum falsi, di Kazcinsky di Polonia, estremista ossessivo che ha come ideale il peggior passato. Perchè correre il rischio di essere abbandonati da simili fantasmi della storia? Il primo progetto di un’Europa che rinasce è cacciarli subito e rifare la mappa.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 17/10/2016.
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