Il governatore della Puglia: “Dopo il 4 dicembre rischiamo l’invasione delle trivelle, a Palazzo Chigi basterebbe una legge“.
Se vince il Sì le lobby dell’energia e del petrolio non dovranno più confrontarsi con le comunità e con i loro rappresentanti, non avranno più un contraltare. Al massimo passeranno per il corridoio di un ministro, magari scelto da un governo non eletto…”. Il governatore della Puglia, il dem Michele Emiliano risponde al Fatto dopo aver diffuso una nota rovente contro il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. La miccia sono state alcune dichiarazioni di Emiliano, tornato a chiedere lo spostamento di 30 chilometri del gasdotto Tap che dovrebbe arrivare fino in Salento: “Ci sono problemi geologici e l’approdo capita in una spiaggia bellissima”. Un’eresia per Calenda, ieri durissimo: “Abbiamo il nostro governatore della Vallonia, Emiliano sa benissimo che spostare di 30 chilometri il gasdotto vuol dire non farlo. Serve responsabilizzarsi, altrimenti diventa il gioco a chi è più irresponsabile”. E il governatore ha risposto a stretto giro.
Lei accusa Calenda di “giocare al gioco delle tre carte con la Regione Puglia”.
In un solo colpo un ministro della Repubblica ha offeso il governatore della Puglia e quello della Vallonia. Evidentemente non sa che la Costituzione belga gli permette di respingere i trattati internazionali (ha detto no al Ceta, l’accordo di commercio euro-canadese, ndr). Ne deduco che il governo non ha selezionato la persona giusta per quel ministero.
Lo spostamento di 30 chilometri sarebbe un bel problema, non crede?
Ho già detto più volte che, cambiando punto di approdo del gasdotto, sono disposto ad accettare un decreto legge concordato che abbatta tutti i termini previsti per legge pur accelerare sui tempi. Io quel gas lo voglio, perché serve per decarbonizzare l’acciaieria Ilva di Taranto.
I governatori creano sempre problemi, obietterebbero da Roma.
Da un anno chiedo a Matteo Renzi un incontro per parlare del Tap e dell’Ilva: inutilmente. E a rilevare che ci sono seri problemi geologici sul percorso del gasdotto è stata la commissione nazionale per la Via (valutazione di impatto ambientale, ndr), non il sottoscritto. Inoltre c’è il rischio di imbattersi in ordigni inesplosi, rimasti in mare dalla guerra del Kosovo, negli anni ‘90.
Se passa la riforma costituzionale lo Stato si riprenderà molte competenze, e le Regioni dovranno adeguarsi. È pronto all’idea?
Le faccio un esempio pratico. Se vince il Sì, lo Stato avrà la potestà esclusiva in materia di energia e una clausola di supremazia anche sulle materie riservate alle Regioni. E allora potrebbe estendere la ricerca di petrolio ovunque, anche entro le 12 miglia marine dalle coste. Basterebbe una legge ordinaria.
Valutano davvero un passo del genere?
Sospetto che ci stiano pensando.
Esisterebbe un Senato delle autonomie. Magari potrebbe intervenire.
I nuovi senatori non avrebbero il vincolo di mandato. Chi dice che farebbero gli interessi della Puglia? Potrebbero tranquillamente votare in disaccordo con il Consiglio regionale.
Renzi sostiene che, avocando allo Stato molti poteri, si darà un taglio netto agli sprechi delle Regioni.
È falso. Il meccanismo dei costi standard ha prodotto grandi risultati. Se tornasse tutto allo Stato centrale, allora sì che tornerebbero grandi sprechi.
Ci sono Regioni che ignorano i costi standard…
In gran parte sono quelle a statuto speciale, che incredibilmente non vengono toccate dalla riforma. Penso alla Sicilia. Citano sempre loro, invece delle tante regioni efficienti. Piuttosto, io noto che il governatore della Lombardia Maroni è tiepido sul referendum. Ma cosa dirà quando da Roma metteranno bocca sulla sanità lombarda, che è un modello per tutto il mondo?
Con il nuovo Senato si risparmia.
E le spese di trasferimento e alloggio a Roma dei consiglieri eletti? La verità è che in cambio della loro autonomia i consiglieri regionali riceveranno le immunità.
Lei ha definito la riforma “invotabile”…
Certo, è stata fatta da un Parlamento incostituzionale, e consegna tutte le nomine nelle mani di una sola persona. Porta a un presidenzialismo mascherato.
Allora perché non partecipa alle iniziative del No?
Trovo un obbrobrio il clima da stadio che si è creato tra favorevoli e contrari. Io mi limito a dare opinioni tecniche, tanto si capisce bene cosa voterò… E poi non voglio contribuire a spaccare il Pd.
Più di così? Bersani parla già del congresso.
Se vince il Sì il congresso del Pd diventerà perfettamente inutile. Tutt’al più potrà ratificare il potere di una singola figura.
Il No pare in vantaggio. Ma gli elettori sono divisi.
Il Paese è spaccato, e questo è drammatico. D’altronde, il Pd ha sbagliato tutto, trasformando il referendum in uno strumento politico.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 23/10/2016.
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