Questo post, come diversi dei giorni scorsi, non si rivolge a chi sa già tutto della Riforma Boschi-Renzi e dei suoi effetti costituzionali.
Uno dei quali – tra i più discussi in questa coda di dibattito – riguarda la questione: nel caso vincessero i Sì, chi sceglierà i senatori?
Si cercherà di rispondere qui in onestà intellettuale – cioè con informazioni tecniche corrette – ma senza nascondere opinioni. Eventuali integrazioni per edit sulle informazioni tecniche sono benvenute.
Partiamo dalla base.
Nell’attuale Costituzione, l’articolo 58 stabilisce che i senatori sono eletti a suffragio universale tra gli over 25. La Riforma Boschi abolisce questo articolo.
La scelta dei nuovi senatori è quindi definita dal nuovo articolo 57:
«Il Senato della Repubblica è composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da 5 senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge».
Cosa significa tutto questo?
Significa:
1. L’elezione a suffragio universale dei senatori, come principio costituzionale, è abolita (articolo 58 eliminato).
2. Per Costituzione (nuovo articolo 57) i futuri senatori sono rappresentativi delle istituzioni territoriali, non direttamente degli elettori di quei territori.
3. Dei 95 scelti dai consigli regionali, 21 saranno sindaci, gli altri 74 consiglieri regionali.
4. Questi dovrebbero essere scelti “con metodo proporzionale”.
5. Per quanto riguarda la scelta di quali consiglieri regionali saranno anche senatori, si rimanda a una futura legge ordinaria, con un paletto: i consiglieri regionali-senatori dovranno essere scelti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri”.
Ricapitolando:
Di sicuro, almeno 26 senatori su 100 (quindi oltre un quarto) saranno scelti senza che i cittadini abbiano voce in capitolo.
Si tratta dei 21 sindaci scelti dai consiglieri regionali senza bisogno di alcuna “conformità con le scelte degli elettori” e dei 5 nominati dal Capo dello Stato (tra l’altro, con il Senato attuale i senatori scelti dal Presidente pesano in misura dell’1,5 per cento; con la Riforma Boschi in misura del 5 per cento; quindi c’è un deciso aumento del peso dei nominati dal Quirinale).
Per quanto riguarda gli altri 74, per Costituzione devono rappresentare le istituzioni territoriali (non direttamente i cittadini elettori) e sono indicati dai consigli regionali, tuttavia devono essere scelti in conformità con le scelte degli elettori (fatte al momento delle elezioni per i consigli regionali).
Come noto a chi segue un po’ il teatrino della politica, questa formula è il frutto di una mediazione: tra Renzi (che voleva un Senato con elezione solo di secondo livello) e la minoranza Pd (che insisteva perché la scelta dei senatori rimanesse agli elettori).
Come si concretizzerà questo, nella pratica, sempre se vincesse il Sì?
La Riforma Boschi-Renzi rimanda a una futura legge ordinaria. In attesa della quale valgono queste disposizione transitorie:
«In sede di prima applicazione e sino alla data di entrata in vigore della legge di cui all’articolo 57 della Costituzione, per l’elezione del Senato della Repubblica, nei Consigli regionali e della Provincia autonoma di Trento, ogni consigliere può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori».
In altre parole, fino all’approvazione delle futura legge ordinaria, decidono da soli i consigli regionali.
Quanto alla futura legge ordinaria, c’è un accordo interno al Pd secondo la quale questa dovrà ispirarsi alla cosiddetta bozza Chiti-Fornaro. Questa prevede una seconda scheda, che verrebbe consegnata all’elettore quando elegge il consiglio regionale. In questa seconda scheda l’elettore indicherebbe quale consigliere regionale vuole anche come senatore.
Per completezza, va detto che metà delle regioni italiane (le più piccole) avrebbero due soli senatori; ed essendo uno di questi due tratto dal gruppo dei sindaci, se ne avrebbe uno solo scelto tra i consiglieri regionali. Quindi in realtà in metà delle regioni non ci sarebbe nessun metodo proporzionale: un solo consigliere regionale (se passasse la Chiti-Fornaro: quello che ha preso più voti sulla seconda scheda, purché facente parte della maggioranza del consiglio regionale) diventerebbe senatore.
Nelle altre regioni più grosse – attenzione – il metodo proporzionale non si riferisce alla proporzione tra i diversi partiti nelle scelte degli elettori, ma alla proporzione in base a come è diviso il consiglio regionale. E le leggi elettorali regionali sono maggioritarie. In altre parole, si stabilisce che i consigli regionali, eletti con il maggioritario, sceglieranno i senatori con il proporzionale, cioè in base alla proporzione tra i gruppi eletti con il maggioritario.
Detto tutto questo, sulla bozza Chiti-Fornaro c’è un ulteriore punto di domanda. Anzi, ce ne sono tre.
Primo, bisogna vedere se Renzi, dopo aver eventualmente vinto il referendum manterrà l’impegno a fare una legge ordinaria per l’elezione del Senato sulla base di un testo che nessun renziano aveva firmato (proveniva interamente dalla minoranza dem) e che anzi «quando l’abbiamo presentato siamo stati messi alla gogna dalla maggioranza del partito» (Federico Fornaro, il primo firmatario).
Secondo, bisogna vedere se su questa bozza convergeranno anche gli altri partiti indispensabili per farla passare, cioè l’Ncd di Alfano e Ala di Verdini. Senza di loro, non diventa legge.
Terzo, bisogna vedere se un’eventuale legge ordinaria basata sulla bozza Fornaro-Chiti è coerente con la nuova Costituzione, che abolisce il suffragio universale per l’elezione del Senato e stabilisce che il nuovo Senato rappresenta le istituzioni territoriali (non gli elettori). In altre parole, in base alla Riforma Costituzionale una legge Fornaro-Chiti potrebbe essere incostituzionale.
Grazie dell’attenzione, come sempre (ribadisco) graditi commenti e integrazioni – e buon voto a tutti.
Edit (on demand).
Com’è invece la situazione oggi?
In base alla legge vigente, il “Consultellum”, i senatori verrebbero eletti con preferenza (una sola) dai cittadini.
Poi questa legge può piacere o meno, può essere cambiata o meno, ma questa è la legge vigente – fino oggi non ancora applicata perché imposta dalla Consulta in sostituzione del Porcellum, con cui abbiamo votato nel 2013. Questa legge verrebbe ovviamente e automaticamente abolita in caso di vittoria del Sì.
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
Rispondi