Dal governo solo interventi d’emergenza e ora passi indietro sulle mitiche “casette” del miracolo renziano.
Iterremotati sono stremati. Flagellati da freddo, gelo e nevicate non ne possono più. Le oltre cento scosse di ieri hanno fatto il resto. Terrore di nuovo ad Amatrice, Norcia, nelle Marche. La paura che ritorna nell’Abruzzo colpito dal sisma del 2009. Ad Amatrice aspettano, gli spazzaneve e le turbine promesse dalla ministra della Difesa Pinotti per liberarsi dalla neve. Crolla quel poco che era rimasto in piedi dopo le scosse del 24 agosto e del 30 ottobre. Le tende si afflosciano sotto il peso della neve. E lo Stato che fa? Si arrende. Sventola bandiera bianca. Impotente allarga le braccia.
Come giudicare diversamente le parole pronunciate il giorno prima dell’ultima ondata sismica da Fabrizio Curcio, numero uno della Protezione civile, in una intervista rilasciata al Qn. “Questa è una emergenza complicata anche per le dimensioni dell’area colpita”. Bene, ma non lo sapevate già prima, non avevate la mappa della vastità dell’area del danno?
Ad Amatrice, Norcia, nelle frazioni e nei paesi più piccoli la gente vive ancora dentro camper, roulotte e tende, sfollata in alberghi della costa, oppure sistemata in soluzioni fai da te. E le casette di legno promesse addirittura per la primavera? Ci sono problemi, “è difficile reperire le aree. Non voglio fissare tempi”. Vasco Errani, super commissario al terremoto, i tempi li fissò a settembre: sette mesi. Aspettino i terremotati. Plachino la loro impazienza e soprattutto non scendano nelle piazze distrutte dei loro borghi per manifestare rabbia. In cinque mesi cinque, neppure le macerie sono state rimosse. “Il problema richiede mesi e mesi”, ci dice ancora Curcio. Bravissimo ad elencare problemi. Gli stessi da centocinquanta giorni. Difficoltà a reperire le aree dove depositarle, problemi per la presenza di amianto e quindi la necessità di bandire gare per individuare ditte attrezzate, etc, etc, etc… Eppure questo doveva essere il terremoto show, quello del miracolo renziano. Via le tende, subito le casette, carine, confortevoli e di legno. Avanti con i progetti, Casa Italia, il futuro bello e radioso. Andate nei paesi colpiti, arrampicatevi nelle frazioni isolate, parlate con gli allevatori che vedono le loro bestie morire al freddo, con artigiani e imprenditori senza più capannoni e capirete che si tratta di balle, solo balle, che ancora una volta sotto la propaganda c’è solo la disperazione della gente. E un mare di burocrazia e di gare d’appalto.
Oggi i terremotati più “fortunati” (pochi) trovano riparo nei cosiddetti container collettivi. Stanze di lamiera con 5 metri a testa per dormire. Bagni, cessi e mensa comuni. Per individuare le ditte che devono costruirli è stata bandita una gara d’appalto a novembre. Ma una gara simile da 11 milioni e 300 mila euro era stata già chiusa il 24 agosto dalla Consip (la centrale acquisti del governo) e prevedeva anch’essa fornitura, noleggio e trasporto container per l’emergenza, ma solo per “moduli di servizio alle tendopoli. Bagni e uffici”. Non si trattava di container-dormitori dove attendere le famose casette. Anche per loro una gara d’appalto targata Consip e vinta per la maggior parte da imprese di Lega Coop, un affare da 1,2 miliardi, chiusa il 5 agosto del 2015.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 19/01/2017.
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