Donald Trumpè diventato “presidente eletto” degli Stati Uniti, ha cominciato a twittare ogni mattina pensieri semplici di auto – congratulazione (“bravo Trump! ) o di vendetta (“Non sarà mai più così. Cambierà tutto!”).
Si riferiva alla politica estera del mondo che, in un modo o nell’altro ha fatto capo all’America. Ora è entrata in una fase di black out che coinvolge tutti.
C’è chi va con i russi, fingendo che si tratti di una buona azione per la pace, c’è chi si occupa degli immigrati non come problema da risolvere, ma come intrusione fastidiosa da eliminare, c’è chi passa con un salto mal calcolato da un punto all’altro (opposto) del Parlamento europeo, sperando di non essere notato e di spianarsi il cammino.
C’è chi fa finta che la Libia sia un Paese normale e va a fare patti di pace e di guerra con governi che hanno solo una stanza per il primo ministro e una per la segreteria, ben nascosti in una base navale.
Di certo da quel grandioso punto di riferimento, amato, odiato, ma sempre tenuto d’occhio con ininterrotta attenzione, che è l’America, non viene più alcun segnale che non sia di colorito e spesso sgradevole folclore. Tutto quel che sappiamo è che il nuovo presidente vuole più armi nucleari, più tortura, più Guantanamo, più muro contro gli immigrati, più amicizia con Putin.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 23/01/2017.
http://www.beppegrillo.it/m/2017/01/tpp_arriva_lo_stop_di_trump.html
Poverino, era distratto e non se n’è accorto…