Scelta soft – La Corte elimina il secondo turno, ma promuove il premio di maggioranza per chi supera il 40%; sì alle pluri- candidature, però il collegio di elezione verrà estratto a sorte.
De profundis per l’Italicum, ancor prima di essere applicato, per decisione della Corte costituzionale che, ieri, ha bocciato il ballottaggio e la possibilità dei capilista bloccati di scegliersi, post voto, il collegio di elezione. A decidere il loro luogo di elezione sarà la dea bendata. Infatti, ci sarà un sorteggio.
Resta, invece, il premio di maggioranza al primo turno per la lista che raggiunge il 40% dei voti. Dunque, in poco meno di due mesi è tramontato il grande progetto di Matteo Renzi di dare amplissimi poteri di controllo al governo. Il 4 dicembre è finita al macero la riforma costituzionale per volere degli elettori e, ieri, la Consulta ha svuotato la legge elettorale, approvata a colpi di fiducia nel 2015.
La decisione, come avviene sempre per questa materia, lascia in uso una legge elettorale, perché, costituzionalmente, il Parlamento deve sempre poter essere sciolto e ai cittadini va garantito il diritto di votare. E i giudici, nel comunicato sul loro verdetto, per evitare dubbi e speculazioni, lo specificano: “All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”. Già nel 2014 la Corte aveva bocciato un’altra legge elettorale applicata per tre tornate elettorali, il Porcellum, ma il Parlamento non ha tratto alcun insegnamento da quella sentenza che aveva dato indicazioni chiare, per esempio, sul dover rispettare il principio di rappresentanza, che non può essere (eccessivamente) sacrificato a favore di quello di governabilità.
I ricorsi accolti ieri dalla Corte sono quelli dei tribunali di Genova, Torino, Trieste e Perugia. Respinta la richiesta dell’avvocatura dello Stato che, sia con Renzi che con Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, aveva chiesto l’inammissibilità dei ricorsi perché l’Italicum non era stato ancora applicato.
La Corte, invece, è entrata nel merito e – come detto – ha deciso per l’incostituzionalità del ballottaggio previsto senza soglia d’accesso e senza un minimo di voti da raggiungere al secondo turno per ottenere un premio di maggioranza addirittura di 340 seggi. Sarebbe potuto accadere, in sostanza, che una lista minoritaria avrebbe potuto fare l’asso pigliatutto e decidere il governo del Paese. Sicuramente c’è invece bisogno di un approfondimento, che verrà dalle motivazioni, per capire il criterio della scelta dei giudici di accogliere, in versione minimalista, un altro punto sollevato dagli stessi tribunali: quello sulle pluricandidature (fino a 10 collegi) dei capilista bloccati che potevano scegliersi il collegio di elezione. Per la Corte sembra che sia sufficiente che dopo il voto la scelta non sia lasciata all’interessato, ma affidata a un sorteggio (previsto dal testo unico del 1957, ma praticamente mai applicato) per garantire il voto “libero e uguale”.
Di certo, resta una larga fetta di nominati e la Corte, in teoria, avrebbe potuto eliminare i capilista bloccati. Ma è proprio sulla loro presenza (e sulle multicandidature) che c’è stata la discussione più animata tra i giudici, in queste settimane e nelle oltre 5 ore di “giro di tavolo”, la camera di consiglio a porte chiuse. Una parte dei giudici, tra i quali il relatore, Nicolò Zanon, era “interventista”, ma la maggioranza, con Augusto Barbera in prima fila, ha ritenuto che sarebbe stata una decisione invasiva della discrezionalità del legislatore. La mediazione è stata quella di impedire ai capilista bloccati di decidere i secondi eletti, vietando loro di scegliersi il collegio.
La Corte, inoltre, ha respinto la richiesta delle parti di sollevare la questione sulla costituzionalità dell’iter della legge, approvata con la fiducia. Soddisfatto Felice Besostri, capofila degli avvocati anti Italicum (Sbisà, Bulfone, Pennino, Ricciardi, Lamacchia, Acquarone, Branca, Paolillo, Rossi). Parafrasando Renzi, fa con noi una battuta mentre torna a Milano: “Questa legge, che doveva essere esempio per il mondo, se la esportano adesso la devono vendere a un costo minore: è deteriorata”.
L’Italicum svuotato sarà applicabile alla Camera mentre al Senato resta il Consultellum, cioè la legge nata dalle ceneri del Porcellum raso al suolo dalla Corte. Per Palazzo Madama nessun premio di maggioranza e soglie di sbarramento diverse. Quella prevista per la Camera, infatti, è su base nazionale: il 3%. Al Senato, invece, su base regionale, abbiamo tre soglie: il 20% per le coalizioni, l’8% per i partiti che corrono da soli e il 3% per i partiti all’interno di coalizioni .
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 26/01/2017.
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