Sondaggio Tecnè: oltre il 60% degli italiani andrebbe a votare nella consultazione in primavera.
Il referendum del 4 dicembre non li ha appagati. Gli italiani hanno gran voglia di andare a votare anche in primavera, per abolire i voucher. E potendo spazzerebbero via tutto il Jobs Act, a conferma che un altro pilastro renziano crollerebbe nelle urne. Così racconta un sondaggio della società Tecnè sui due referendum sul lavoro proposti dalla Cgil, previsti presumibilmente per maggio.
Il più atteso è quello che vuole abolire i voucher, ossia i buoni che retribuiscono il lavoro accessorio, il cui uso è stato dilatato dal decreto Poletti e da un’altra legge del governo Renzi, entrambi del 2014. Il secondo, invece, vuole ripristinare la responsabilità delle imprese appaltatrici in caso di violazioni subìte dai lavoratori. Una consultazione importante, ma sulla quale nelle ultime settimane è calato il silenzio dell’informazione. E infatti il sondaggio commissionato dal Fatto Quotidiano, condotto su un campione di mille persone tra il 14 e il 15 febbraio, conferma che i cittadini sanno ancora poco dei due referendum. Nel dettaglio, il 55,6 degli interpellati sa che verranno tenuti in primavera.
Mentre il 53 per cento afferma di conoscerne il contenuto “solo superficialmente”, a fronte di un 43,6 che ammette di “non conoscerlo affatto”. Parecchi sono convinti che si andrà a votare anche sul ripristino dell’articolo 18. Ma molti sanno che in gioco ci sarà l’abolizione dei voucher: quanto mai impopolari. Per il 60,2 degli intervistati, i buoni “svolgono un ruolo negativo, perché rendono più precario il lavoro”. E solo il 13,6 li promuove “perché riducono il lavoro nero”.
Mentre il 52,1 ritiene giusto che le imprese “siano responsabili”, a fronte di un 30,8 per cento incerto sul tema. Poi si arriva ai dati chiave del sondaggio. E il primo, quello sulla partecipazione, racconta che il 40,9 probabilmente andrebbe a votare, mentre il 20,8 andrebbe sicuramente alle urne. Tradotto, oltre il 60 per cento degli interpellati è orientato a partecipare. Mentre solo il 19,3 assicura che diserterà. Un’ottima notizia per i proponenti visto che, a differenza del referendum sulla riforma costituzionale, sarà richiesto il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto. Ma quale sarebbe l’esito ? I numeri sono chiari: l’84,2 voterebbe l’abolizione dei voucher, mentre l’84,1 è per ripristinare la responsabilità delle aziende. Due netti sì, che si sposano con il no al Jobs Act, bocciato dall’82,6 per cento. Insomma, i referendum sarebbero la tomba dei voucher.
A meno che il Parlamento non intervenga prima, modificando la legge sui buoni. È l’obiettivo anche di Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera per il Pd, che sulla riforma dei buoni ha presentato una disegno di legge un anno fa. E che commenta: “Il sondaggio della Tecnè conferma come ormai il tema dei voucher sia diventato simbolico: i buoni vengono visti come uno strumento abusivo da tantissimi cittadini. Io fui il primo ad adoperarli da ministro del Lavoro del governo Prodi nel 2008, applicando la legge Biagi del 2003: ma noi li usammo per regolarizzare la posizione di studenti e pensionati che raccoglievano l’uva. E facemmo emergere lavoro nero. Poi però i voucher sono stati estesi a tutte le attività, con i guasti ormai noti. Ora – conclude – serve una legge che ne leghi l’uso solo a lavori occasionali”. Ma si può fare prima dei referendum, come ha promesso il ministro del Lavoro Poletti?
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 18/02/2017.
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