Il caso.
Dall’Osce un primo bilancio sui presunti brogli. L’opposizione ricorre. Erdogan: “Non sono un dittatore”.
ISTANBUL – «Fate un’indagine sulla regolarità del referendum». «Una proposta inaccettabile». Siamo a un dialogo, e a uno scontro, ormai surreali fra Europa e Turchia. Due mondi che si sono annusati a lungo, e ora rischiano di separarsi definitivamente. Soprattutto dopo il nuovo invito di Tayyip Erdogan a procedere con un altro referendum, questa volta sulla permanenza di Ankara nei negoziati di adesione alla Ue.
Ma è ancora la regolarità del voto di domenica a tenere banco.
Il ministro turco per gli Affari Europei, Omer Celik, ha definito la richiesta avanzata dal portavoce capo della Commissione europea, Margaritis Schinas, ad aprire un’inchiesta sulle presunte irregolarità riscontrate dagli osservatori durante il referendum come irricevibile. «Non può essere accettata una tale dichiarazione speculativa da parte di un portavoce », ha dichiarato Celik. «Rispettate il processo democratico in Turchia».
Sulla questione dei presunti brogli, è stato l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini, a parlare direttamente con Tana de Zulueta, il capo degli osservatori dell’Osce nel Paese della Mezzaluna, autore della denuncia.
E in effetti è una partita decisiva quella che si sta giocando in queste ore fra Bruxelles, Ankara e le grandi capitali europee. Gli organismi comunitari stanno pensando quali tipo di misure e pressioni adottare dopo le denunce dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, dopo le irregolarità riscontrate su 2,5 milioni di voti non timbrati regolarmente a spoglio ancora in corso. Un dettaglio non indifferente, perché sospetto di aver spostato una massa di voti determinante, visto che il “Sì” del fronte pro Erdogan ha vinto con un risicatissimo 51,3 per cento dei voti il referendum sui superpoteri da assegnare al Capo dello Stato, a fonte di 48,7 per cento di “No”. Da questi passi si sta misurando la reale volontà dell’Occidente di limitarsi a dialogare con il “Sultano”, nonostante la deriva autoritaria che gli avversari gli contestano, oppure di scegliere la linea dura e metterlo all’angolo. Un momento cruciale, secondo molti osservatori: perché se per Erdogan dovesse andare male, la sua legittimità potrebbe essere messa in discussione per sempre.
In Turchia si moltiplicano perciò le iniziative per invalidare il voto, mentre un elicottero con 12 fra giudici e agenti della Commissione elettorale è caduto a causa delle cattive condizioni atmosferiche a Tunceli, nel Sud est: nessuno è sopravvissuto. Ieri l’opposizione, rappresentata soprattutto dal Partito socialdemocratico, ha presentato formalmente ricorso presso la Commissione elettorale centrale. Poche speranze che il provvedimento possa ottenere un riscontro, a meno di pressioni ferme e durissime da parte dell’Occidente.
Nelle grandi città, Istanbul, Ankara, Smirne, ci sono ancora manifestazioni e proteste di piazza contro il voto sospetto. Si tratta, tuttavia, di iniziative sporadiche e scollegate, che non sembrano poter turbare troppo le autorità.
Articolo intero su La Repubblica del 19/04/2017.
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