Amnesie – Dal 1° maggio gli ex deputati dovranno versare il contributo di solidarietà voluto dai dem per arginare il M5S. E a Palazzo Madama? Niente, resta tutto com’era.
Nella battaglia di facciata ai privilegi della famigerata casta parlamentare, i partiti si sono persi un pezzo: il Senato.
Come ricorderete, tra polemiche e sotterfugi, il 22 marzo l’Ufficio di presidenza della Camera ha approvato un contributo di solidarietà triennale sui vitalizi degli ex deputati che eccedono i 70 mila euro l’anno.
Il Pd, nel frenetico tentativo di anticipare i 5Stelle, ha fatto votare praticamente senza discussione la delibera-blitz della vicepresidente Marina Sereni. Gli effetti concreti del provvedimento sono modesti: si risparmiano appena 2,4 milioni sui 139 a bilancio ogni anno a Montecitorio (ovvero l’1,7%). Ma tanto bastò ai renziani per prendersi la medaglia e lasciar scorrere proclami e dichiarazioni: “Una misura di equità e rigore”; “a differenza della propaganda dei 5Stelle, si tratta di misure efficaci subito”.
Il problema è che il Partito democratico pare essersi dimenticato di Palazzo Madama. Mentre la delibera Sereni diventa efficace per gli ex di Montecitorio dal primo maggio, gli assegni degli ex senatori a tutt’oggi non sono stati sfiorati. Nessun gruppo si è nemmeno premurato di convocare il Consiglio di Presidenza che dovrebbe occuparsi di redigere (e votare) un testo che produca gli stessi effetti di quello approvato nell’altro ramo del Parlamento.
Nemmeno i Cinque Stelle, che dopo lo smacco di un mese fa avevano promesso la rivincita in Senato, con la loro proposta sulle pensioni. Il tempo stringe e il calendario non aiuta: l’ultima settimana di aprile è ancora più corta di quanto già non siano in genere quelle degli onorevoli, visto che il 25 – la festa della Liberazione – cade di martedì. Il ponte viene da sé: i lavori del Senato ripartiranno mercoledì 26.
La prassi parlamentare, peraltro, richiederebbe che le delibere siano prima presentate, poi discusse e riflettute adeguatamente, infine votate nell’Ufficio di Presidenza successivo. Il 22 marzo alla Camera non è andata così: il testo della Sereni è stato introdotto senza preavviso e approvato in poche ore, scatenando le proteste poco ortodosse del Movimento, sfociate nell’invasione rugbistica delle stanze di Laura Boldrini (da cui è scaturita la sospensione di 42 deputati grillini).
Ormai per intervenire sui vitalizi del Senato entro il primo maggio ci vorrebbe un altro blitz, una nuova accelerata improvvisa, dopo che negli ultimi 28 giorni nessuno se n’è più occupato, esaurita l’eco della “micro-sforbiciata” della Sereni. In caso contrario, dal prossimo mese gli ex onorevoli saranno sottoposti a trattamenti asimmetrici: farà fede l’ultima camera di appartenenza. I super-pensionati che hanno chiuso la loro carriera parlamentare a Montecitorio dovranno versare il loro contributo di solidarietà per i prossimi tre anni (il 10% della parte che supera i 70 mila euro, il 20% di quella tra i 70 e gli 80 mila, il 30% tra 90 e 100 mila euro, il 40% sopra i 100 mila euro l’anno). Invece chi ha trascorso l’ultima legislatura a Palazzo Madama, se resta il regolamento attuale, non deve sborsare nemmeno un centesimo.
Un esempio pratico: Clemente Mastella (assegno che sfiora i 7 mila euro al mese) ha vissuto tra le mura della Camera per ben 8 legislature. L’ultima, breve esperienza in Parlamento però l’ha consumata al Senato, dal 2006 al 2008. Dunque è proprio il Senato che gli paga il vitalizio: se non interviene il Consiglio di Presidenza potrà continuare a godere della sua pensione senza rinunciare nemmeno alle briciole.
È bene ricordarlo: è davvero di briciole che stiamo parlando; percentuali irrilevanti rispetto alla spesa complessiva. Ma l’approssimazione con cui è stata gestita la questione vitalizi è un manifesto eccellente di come si lavora (male) alla caccia del consenso immediato. Peraltro, una proposta di legge realmente efficace sul tema già ci sarebbe: è quella del deputato del Pd Matteo Richetti, che prevede il ricalcolo di tutti gli assegni degli ex parlamentari secondo il sistema contributivo entrato in vigore nel 2012.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 19/04/2017.
[…] via Il Pd s’è scordato di tagliare i vitalizi anche ai senatori (Tommaso Rodano) — Triskel182 […]
[…] infatti per i deputati risparmieremo 2,4 milioni (su 139 a bilanci), per i senatori neanche quello, come spiega Tommaso Rodano sul Fatto […]
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