IL RAGAZZINO immerso nel suo smartphone per tutta la tratta Milano-Roma, senza uno sguardo agli altri passeggeri o al mondo fuori dal finestrino del treno, è sicuramente molto più presente a se stesso di quanto possiamo temere. La cosiddetta realtà virtuale per lui non è sogno o estasi, è reale quanto il mondo fisico nel quale agiscono i corpi degli umani. Dentro i pochi centimetri quadrati del suo schermo c’è una realtà bis nella quale si muove con destrezza. Abita lì.
Non è dunque per lui, che si prova una certa ansia. Lui sta benone, è bene in arcione ai suoi pensieri, ai suoi traffici emotivi, alle sue relazioni.
È per la vecchia realtà che viene qualche palpitazione. Chi ne avrà cura, una volta trasmigrati tutti i digitanti nella realtà bis? Chi la terrà sott’occhio, a parte termostati e spie, telecamere e sensori? Il mondo fisico, così potente e insieme così fragile, così bisognoso di manutenzione e sguardo; e l’esercito dei presenti — le persone accanto, i corpi e i volti, le mani, i gesti, il suono della voce — non rischiano forse di deperire, se i nuovi umani non badano a loro? Lo sanno tutti che le piante annaffiate di persona e quelle affidate a un irrigatore automatico non godono di uguale salute.
Da la Repubblica del 09/05/2017.
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