I magistrati dei processi sul G8 criticano l’impianto del provvedimento
Il Papa e Mattarella: “Impegno per le vittime” Ma in aula le divisioni sono ancora pesanti.
ROMA – Nel mondo si celebra la giornata per le vittime della tortura. E contro la tortura in Italia parlano il Papa e Mattarella. Ma come succede ormai da 28 anni, il reato di tortura, l’eterno “atteso”, divide la politica e distanzia il Parlamento da chi — i magistrati del G8, i penalisti in strada con la maglietta «torturati solo un po’…» — vorrebbero un reato effettivamente applicabile e una buona legge e criticano quella che Montecitorio potrebbe approvare la prossima settimana. Il Pd, che sostiene quella giunta al quarto passaggio parlamentare, fa professione di realismo. E in aula, con il relatore Franco Vazio, dice: «Diamo all’Italia e al codice penale questo reato, poi saremo sempre in tempo a migliorarlo».
Il Papa e il presidente Sergio Mattarella, le figure super parte. Cominciamo da loro. Il primo condanna «ogni forma di tortura», invita «a impegnarsi per abolirla», sta dalla parte «delle vittime e delle famiglie». Mattarella chiede che «siano intensificati gli sforzi per dare voce e offrire tutela alle vittime e per sradicare la tortura ».
È un caso, ma proprio poche ore dopo alla Camera parte la discussione generale sul provvedimento che il Senato ha licenziato il 17 maggio. Solita aula deserta. In poco più di un’ora è tutto finito. Restano le divisioni. Pesanti. Sul tavolo c’è la lettera che i magistrati di Genova, ben 11 togheimpegnate nei processi sul G8, hanno inviato alla presidente della Camera Laura Boldrini. Brutta botta alla legge — tortura reato comune, 613bis e ter del codice penale, da 4 a 10 anni la pena, fino a 15 per il pubblico ufficiale — definita «inapplicabile» ai fatti del G8 della Diaz e di Bolzaneto. Tutto ruota intorno alla frase introdotta al Senato: «Se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona». Dicono i genovesi che «alcune delle più gravi condotte sono state realizzate con una sola azione». Le toghe citano la bocciatura, fresca di una settimana, del commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Miuznieks che a Boldrini e Grasso ha chiesto di cambiare la legge. Il relatore Vazio replica: «Se i fatti della Diaz furono inumani e degradanti, allora anche una sola minaccia conduce alla condanna per tortura, non è richiesta la pluralità delle condotte».
Articolo intero su La Repubblica del 27/06/2017.
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