Festa dell’Unità – Comizio finale con fendenti a Salvini, 5 Stelle, pure a Bersani, ma Silvio…
Ci sono delle elezioni da vincere. E o vincono i populisti, o vinciamo noi”. È un Matteo Renzi in fase di ri-galvanizzazione quello che chiudendo la Festa Nazionale del Pd di Imola fa il pienone. E il senso del suo comizio sta tutto in questa frase finale. Primo, la campagna elettorale è iniziata. Secondo, per cercare di vincerla, Renzi esibisce il “noi”: “La modalità litigio e divisione tenetela per dopo le elezioni”, dice. Il riferimento è ai vari big interni che sono pronti a fargli la guerra dopo la sconfitta in Sicilia. L’idea, comunque, è imprimere nell’immaginario degli elettori il segnale di un cambio di stile personale.
Sul palco di Imola c’è mezzo governo, i parlamentari, i Millennials e pure il partigiano-simbolo Vittorio Gardi, che di Feste dell’Unità ne ha fatte 71. È la prima volta da quando Renzi è segretario che parla con altre persone intorno in un’iniziativa del Pd.
Il “noi” questa volta è addirittura ostentato. La citazione più “calda” è quella per Marco Minniti (presente), il ministro dell’Interno in ascesa nei sondaggi, che a tutte le Feste dell’Unità ha acceso gli entusiasmi: “Voglio ringraziare chi come Minniti ci ha dato una mano nella direzione della sicurezza”, dice. Ovazione. “Ci sono sensibilità diverse tra Minniti e Delrio, ma non si è mai lavorato così bene come su questi temi che sono il patrimonio della grande comunità del Pd. Dopodiché l’amalgama funziona, perché Minniti fa la destra, Delrio fa la sinistra” .Delrio, però non c’è. Un’assenza “prevista”, raccontano.
E se Dario Franceschini si sporge dal palco per fare le foto, non c’è neanche Andrea Orlando, lo sfidante alle primarie. Com’è assente Paolo Gentiloni: a Imola è venuto per il suo dibattito, ma in genere alle iniziative del Pd c’è sempre stato. La parola che va per la maggiore comunque è “squadra”, perché adesso la squadra serve soprattutto a Renzi.
Il segretario si presenta alla Festa prima del previsto, pranza in uno dei ristoranti dei volontari (con lui, tra gli altri, Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi) e poi fa il “bagno di folla”. Non succedeva a una Festa nazionale dal 2015, a Bologna, nella prima fase della premiership renziana. Negli anni successivi, lo one man show è diventato la modalità unica del suo rapporto col partito: alle Feste di Milano nel 2015 e di Catania nel 2016, Renzi arrivò direttamente nel retropalco. Ora i militanti del Pd sono il suo zoccolo duro, come gli anziani con cui s’è fatto ritrarre nei manifesti del comizio: “Non mollare”, “sei il nostro sogno”, “sei sempre bello”, “ho pianto per la scissione del Pd”, gli dicono.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 25/09/2017.
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