MAI allearsi con il Pd di Renzi, perché «con la sinistra non c’entra nulla». Se poi dalle urne uscisse una poltiglia informe, niente di grave: si potrebbe fare un bel «governo del presidente». È la sintesi (mia) del pensiero di Massimo D’Alema. Ci si domanda, a questo punto, che cosa avrebbe invece “di sinistra” un governo del presidente, ovvero l’ennesimo accordo di palazzo che escogiti l’ennesimo governo di cosiddetta “emergenza istituzionale”, ribadendo, nei fatti, la sostanziale inutilità del voto popolare: perché non esiste nessuno — destra, sinistra o centro — che vada a votare per un “governo del presidente”.
D’Alema di queste cose se ne intende. Fu l’espressione emerita (e dopo di lui Giuliano Amato) del “palazzismo”, cioè di governi fatti riattaccando vecchi cocci o aggiungendo protesi insensate (a lui toccò, poveretto, l’Udeur di Cossiga). Già nel ‘98, quando cadde il primo governo Prodi, si sarebbe dovuta fare — e non si fece — la cosa più onesta, che era anche la più giusta: tornare al voto. Sono passati vent’anni, l’antipolitica ha galoppato, la sinistra è rattrappita, Berlusconi è tornato (cose da pazzi!), ma c’è chi ancora si crede talmente furbo da poter considerare le elezioni materia grezza da modellare, poi, con le abili mani del politicante.
Da La repubblica del 28/09/2017.
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