SI LEGGE con qualche trepidazione l’alluvione di racconti e sfoghi di donne violate seguita al caso Weinstein (non si parla d’altro; il Rosatellum scivola dalle prime pagine scalzato dal Porcellum quello vero: il maschio di potere che si sente autorizzato a riscuotere sesso in cambio di lavoro). Non sempre i media garantiscono, nella quantità, la qualità, e dunque si teme che la mitomane, la furba, l’esaltata rubino la scena alle vittime vere. Con qualche eccezione, invece, il racconto malinconico prevale sul j’accuse furibondo, e la riflessione sulla rabbia. Non per fare del femminismo a buon mercato, ma c’è poca ideologia e molto vissuto, nel racconto delle donne: ed è questo che lo rende credibile.
Non c’è spazio, in quei racconti, per il dubbio facilmente speso, in questi giorni, in favore di Weinstein e assimilati: e cioè che il margine tra seduzione e violenza sia in fin dei conti molto sottile. Quel margine, nel racconto delle violate, è invece nettissimo. Esiste una disponibilità, esiste una indisponibilità, e le donne conoscono benissimo entrambe. Il maschio, meno. Le confonde e le sovrappone. Figura, nell’affresco sociale di questi giorni, come un semplificatore, e forse un semplicione. Non avesse mani pesanti e portafogli gonfio, farebbe quasi pena.
Da La Repubblica del 17/10/2017.
Rispondi