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Archive for the ‘Racconti e Poesie’ Category

Un piccolo angelo vola,
come una coloratissima farfalla
ha l’aura policroma.
L’avvolgono tutti i colori pastello,
tutti i colori della natura,
tutti i colori della gioia,
tutti i colori dell’anima..

Piccolo Angelo di Daniela Sulas

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angelo 2

Come un mantello
la vita t’avvolge
nel suo caldo abbraccio.
Poderose membra
a proteggerla dall’addiaccio
sfiorata da una carezza estiva.
Respira oltre il tramonto
dove il tempo sembra fermarsi
tra le ciglia del cielo.
Sfiora lacrime di desiderio
nell’ignota bramosia di sogni
dove l’emozione è un suono.
Attende di ricamare il filo
che levigando incertezze
conduca nuovamente
tra le ali d’un angelo.

A Lory.

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donna-che-osserva-il-mare

In verità chi non c’è è
stato solo nascosto ai nostri occhi
ma la sua presenza respira l’aria.
Come noi respiriamo l’attimo del ricordo.
Insieme siamo l’impossibile presente che
torna indietro mentre gli andiamo incontro…
“Il ricordo è un modo d’ incontrarsi”,
mi porta lontano.
Kahlil Gibran

A Lory…

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fantasy-153

Bisogna vedere quel che non si è visto

Vedere di nuovo quel che si è già visto

Vedere in primavera quel che si è visto in estate

Vedere di giorno quel che si è visto di notte

Con il sole dove la prima volta pioveva

Vedere le messi verdi,  il frutto maturo

La pietra che ha cambiato posto

L’ombra che non c’era,

Bisogna ritornare sui passi già dati,

per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.

Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.

José Saramago. (altro…)

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Musica e farfalle 4

Io non sono lì.
Io non dormo.
Asciuga le tue lacrime.
Io sono mille venti che soffiano.
Io sono il luccichio di diamante sulla neve.
Io sono la luce del sole sul grano maturo.
Io sono la pioggia dell’autunno.
Quando vi svegliate nel silenzio del mattino,
io sono il rapido volo verso l’alto degli uccelli che volteggiano.
Io sono le stelle che brillano di notte.
Io non sono lì.
Io non dormo.

A Lory

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“Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno. Ricordare significa vederla – ora soltanto – per la prima volta.”

Cesare Pavese.

Klimt

A Lory.

 

 

 

 

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DONNA.

colombe viso

Dietro ogni uomo forte c’è una donna forte. Ma chi c’è dietro una donna forte? Nessuno lo sa.. perché la donna forte non ti permette di guardare dentro di lei.. Lei prende vita tutte le mattine quando prende la sua maschera e quando nasconde i suoi sogni dentro la sua anima; come una Geisha, disegna il suo sorriso e caccia la tristezza dal suo sguardo. Non si specchia più di cinque minuti per paura che di scoprire le sue debolezze sepolte nel profondo della sua anima. Spesso non piange, le sue lacrime nascono dentro l’anima e muoiono sempre là, non sul suo viso. Cammina sicura di sé lasciando dietro di sé la scia del suo profumo e le tracce dei suoi passi.. E se per caso, crolla.. si rialzerà da sola. L’anima di una donna prende fuoco in silenzio.. Amala e non chiederle niente perché i suoi occhi ti diranno se ti ama.. La donna forte indossa una maschera ogni giorno e un solo uomo può vederla senza. Quell’ uomo incornicerà il suo viso e amerà il suo sguardo, a volte, confuso, e chiuderà gli occhi per poter mantenere la sua immagine per sempre. La donna forte amerà in silenzio e soffrirà sempre in silenzio, nascondendo la sua tristezza sotto una maschera con un bel sorriso. La donna forte ha il coraggio di aprire una porta vietata. Non negozierà mai con la vita e non regalerà l’anima ferita in cambio del potere, ma continuerà a disegnare sorrisi sul suo viso fini a quando troverà la medicina perfetta. Le donne forti… amale senza maschere, adorale i difetti….. e loro condivideranno con te la loro forza. Non ti allontaneranno mai dalla loro anima.!!!

“A Lory”

Ilcamminocla.blogspot.it

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Come musica, melodia avvolta di note che circonda il nostro essere,

riecheggi soave nell’aria come l’eco di violini lontani,

ti diffondi, ci avvolgi, sorridi divertita quando ci sei accanto,

tra gli adulti che non capiscono

e non sanno che oggi sei musica e danzi la vita

e che ti avvertono come un solletico

e i bambini come un aquilone, che, semplici,

pensano che la terra sia attaccata ad un filo.

Come musica, in delicate armonie,

ti libri in alto verso l’orizzonte, al di sopra del tangibile

e in ogni dove,tra la luce e il calore del sole,

vivendo nel soffio e nell’abbraccio del vento,

a inebriar l’anima tra le onde spumeggianti del mare e la freschezza dell’aria.

Come musica, dai voce a ogni nostro dolore, ogni nostra gioia,

ci unisci con fili invisibili, colmi il nostro senso errante e ispiri pensieri di luce.

Come Musica, che batte in quattro quarti come il cuore,

eri capace di tradurlo in note e accordi per noi, che,

come allora, siamo sempre qui ad ascoltarti.

A LORY.

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A volte anche un piccolo ruscello

ha già in sé la grandezza del Mare.

Gabriele.

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Sibilo leggero di voci a colori,

tra battiti di cieli e silenzi di cuori,

ciò che non si esprime a parole

vi giunga con questo augurio,

tra dita sottili di venti gentili,

sacerdoti di fantasia,

custodi di fantasia.

Buona Pasqua a tutti.

 

 

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I tuoi occhi sono una spina nel cuore
lacerano, ma li adoro.

Li proteggo dal vento
e li conficco nella notte e nel dolore
cosi la sua ferita illumina le stelle,
trasforma il presente in futuro
più caro della mia anima.

Dimentico qualche tempo dopo
quando i nostri occhi si incontrano
che una volta eravamo
insieme, dietro il cancello. (altro…)

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Le lacrime del cielo bagnarono la tua partenza,

ma i bagliori nostalgici delle tue parole

e del tuo sorriso illuminano il presente.

Candidi doni, per noi, come le conchiglie

che l’onda lascia sul lido,

tra quelle spiagge e quei scogli

dove tu, a braccia aperte come ali spiegate,

ti cullavi nel vento ascoltando la storia delle onde.

Dentro, il tuo ricordo assomiglia al frangersi di quel mare.

A L0ry.

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ONORE – Ai caduti (in disgrazia),

a chi resta in piedi grazie ai caduti,

al vento che ti fa diventare, 

al sole e alle sue effusioni non nucleari,

al nocciolo delle questioni, 

all’acqua che torna pianto,

a chi cambia quello che c’è nel petto

e non a chi ci mette sopra medaglie,

all’arte (non di arrangiarsi),

ai poeti che onorano il pare e l’amare.

 

Alessandro Bergonzoni

pasquinoweb.wordpress.com

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Buon 8 marzo, a tutte le donne

A quelle che non hanno il dono di un sorriso

A quelle che non hanno una carezza sulla pelle

A quelle che non conoscono la dolcezza

A quelle che in silenzio subiscono la violenza.

A quelle che non possono sciogliersi i capelli al vento

Buon 8 marzo, a tutte le donne

A quelle che abbracciano con amore

A quelle che illuminano l’anima

A quelle che parlano dentro oltre lo sguardo

A quelle che sorridono con i colori dell’arcobaleno

A tutte quelle che danno energia alla libertà della vita.

Michele Luongo

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Ho amato fino alla follia,

ma ciò che gli altri chiamano follia

per me è l’unico modo di amare.

Françoise Sagan

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Tieni stretto ciò che è buono,
anche se è un pugno di terra.
Tieni stretto ciò in cui credi,
anche se è un albero solitario.
Tieni stretto ciò che devi fare,
anche se è molto lontano da qui.
Tieni stretta la vita,
anche se è più facile lasciarsi andare.
Tieni stretta la mia mano,
anche quando mi sono allontanato da te.

Poesia Indiana

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Fai come il lanciatore di coltelli, che tira intorno al corpo.

Scrivi di amore senza nominarlo, la precisione sta nell’evitare.

Distraiti dal vocabolo solenne, già abbuffato.

Punta al bordo, costeggia,  

il lanciatore di coltelli tocca da lontano,

l’errore è di raggiungere il bersaglio,

la grazia è di mancarlo.

Erri de Luca.

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Tutte le volte che qualcuno dice, o scrive: “bisogna vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo” io mi interrogo. Se fosse il mio ultimo giorno, cosa farei?

L’elenco è piuttosto lungo. Scriverei alcune lettere, per spiegare a qualcuno cosa penso, cosa ho vissuto, com’è andata. Non potrei mai morire senza essere sicuro di essermi spiegato. Non a tutti, però. Avrei molti grazie da dire, ma non perderei tempo a mandare a quel paese chi dovrei. Non l’ho fatto durante la vita, figuriamoci all’ultimo. Tutti quelli che non mi hanno più sentito possono essere certi, da soli, che non si è trattato di dimenticanza. Poi vorrei organizzare un bel pranzo, invitare una decina di persone e festeggiare con loro tutto quel che è stato. Vorrei averli accanto, stare io accanto a loro, fino all’ultimo. Il menù prevedrebbe molte buone cose, cucina di mare, piatti intorno a cui giro da una vita, modificandoli, studiandone natura e ispirazione. Vorrei anche fare l’amore come piace a me, rileggere alcune pagine immortali, vedere un paio di film, stare un po’ da solo, fare qualche bordo a vela nel maestrale (il mio ultimo giorno, naturalmente, sarebbe un giorno di vento da nord ovest).
A metà delle mie fantasticherie però mi accorgo che qualcosa non quadra.

Se ogni giorno dovessi vivere “come se fosse l’ultimo” mi annoierei. Anche gli altri si annoierebbero. Dopo due o tre inviti non verrebbero più, e io stesso non saprei come divertirmi a questo modo. L’ultimo è l’ultimo, e non può essere ripetuto. E’ un giorno singolo, unico. No, non potrebbe funzionare. E’ così che ho provato a capovolgere tutto. Forse bisognerebbe vivere ogni giorno come se fosse il primo.

Il primo giorno mi piace molto. E’ quello in cui si fa un progetto, oppure in cui si mette la prima pietra. Il mio primo giorno lo ricordo, ne ricordo molti, tutti inizi di nuove vite. L’entusiasmo trepidante della prima riga di un romanzo, la lieve inquietudine di quando si mollano le cime per un lungo viaggio in mare. La prima promessa, il primo chilometro di un itinerario. La prima pagina di un buon libro, i primi passi accanto a una persona, il primo boccone di un cibo, il primo contatto con la pelle di una donna da amare, il primo bacio sulle sue labbra ancora sconosciute. Anche il primo giorno c’è maestrale, chissà perché. Tutto è davanti, si scorge all’orizzonte, se ne intuiscono le forme, sinuose come il sogno e incerte come la speranza. Il primo giorno si è più che mai lontani dalla morte, tanto da non vederla, da non sospettare neppure che esista. Che meraviglia.

Se ogni giorno dovessi vivere “come se fosse il primo” però mi annoierei. Ogni giorno dovrei mollare ciò che sto facendo per iniziare qualcos’altro, e io odio le cose lasciate a metà. Non vedere come va a finire mi deprime, come non scrivere mai l’ultima riga di una storia, non dare mai volta alle cime nel porto di destinazione. Cambiare labbra ogni giorno, senza mai coglierne il frutto maturo, è come non averle mai sfiorate. Vivere avendo tutto davanti, senza costruire memoria, è impossibile.

Allora cosa devo fare? Come devo vivere ogni giorno, perché sia un buon giorno, perché abbia senso, perché dia dignità alla mia vita? Me lo chiedo spesso…

Qualche giorno fa mi sono accorto che penso in egual misura al passato e al futuro, ma ho la religione del presente. Per una cosa ricordata ne immagino una a venire. Se mi viene in mente qualcuno che mi stava a cuore gli scrivo, ora, per evitare di perdere l’occasione. Per un momento che vivo ne rivivo alcuni e spero di averne altri di fronte. Se immagino qualcosa che non c’è mi siedo e la progetto, subito, per non perderne l’intuizione. Per una prima riga scritta devo trovarne una che concluda, per un pensiero lanciato dritto me ne serve uno obliquo, per un albero che osservo ho voglia di costruire un muro. Quando scopro un cibo che mi piace ho voglia di prepararlo in mille altri modi; se mi disgusta tendo a ricordarmene per sempre. I miei amici mi sono sempre in mente, ma vorrei incontrarne molti altri. Il disincanto e le speranze mi fanno sempre buona compagnia.

Nel frattempo, però, ho un mucchio di cose da fare, oggi, per utilizzare il tempo che ho. Mescolo cemento che tende ad asciugarsi, occorre che io mi sbrighi. Preparo cibo che ho voglia di mangiare, altrimenti va sprecato. C’è un oggi, per me, in cui non tengo conto né di chi è andato né di chi verrà. C’è il tempo senza tempo da sprecare, in cui non essere, non pensare, non avere memoria né progetti, in cui non fare. Ci sono regole a cui disubbidire, norme di comportamento da rifiutare. L’oggi di oggi, quello di quando scrivo la parola “oggi”, la frazione tra la “o” e la “g” e le frazioni infime al suo interno.

Se oggi fosse “quel giorno” penso che vivrei così, a metà strada tra il primo e l’ultimo, senza sprecare, senza ansia di fare, pieno di progetti mentre mi sforzo di ultimare quello che ho iniziato. Sapere che è l’ultimo non mi impedirebbe di sperare e non potrebbe rendere più vivida la mia memoria. Vivrei godendo come posso, dunque moltissimo, per poi condividere. Vivrei come oggi.

simoneperrotti

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Il Blog da solo è una pagina come tante altre.

Ma è quello che ci metti dentro  a renderlo bello e diverso.

Sono le persone, le parole che scivolano leggere,

che sembrano baciarti le tempie quando sei stanco,

che ti fanno cedere al loro fascino, le emozioni che entrano ed escono,

la possibilità di lasciarsi guardare senza arrossire, i gesti d’amore,

i silenzi quando la distanza diventa insopportabile,

le lacrime condensate  in sorrisi , aspettando quello che non arriva mai.

E la musica, che batte in quattro quarti come il cuore.  

E le persone capaci di tradurlo in note ed accordi e parole e brividi.

 

Chetusiaperme.

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