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Posts Tagged ‘elezioni’

Lo schema prevede che Ala presenti le liste nel proporzionale con il Pd portando alla coalizione un pacchetto di voti soprattutto in Campania, Puglia e Toscana, dove i verdiniani sperano di raccogliere un po’ di preferenze. La “contropartita” dell’accordo sarebbe un seggio nell’uninominale a Prato e alcuni nei collegi esteri. Il senatore al Fatto.it: “La storia dirà che hanno fatto le riforme grazie a noi. Io un giocatore protagonista, da Pallone d’Oro”. Critici i promotori della Lista Insieme.

Dopo aver sostenuto il governo Renzi tradendo il proprio padrino politico, Denis Verdini sta lavorando per costruire un’alleanza con il Pd in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo. La notizia è stata anticipata sabato al Corriere Fiorentino e a quanto risulta al ilfattoquotidiano.it la prossima settimana sarà decisiva per stabilire modi e tempi dell’intesa. I dem non parlano, gli uomini di Beatrice Lorenzin aprono, mentre sono critici i promotori della Lista Insieme. Gli uomini di Ala, questo è certo, sembrano crederci davvero. (altro…)

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CON largo anticipo rispetto ad altre vigilie, si comincia già adesso a chiedersi per chi diavolo si potrà votare senza poi perdere il sonno per il rimorso. In genere questo presagio (sbagliare voto; oppure sprecarlo) cominciava a manifestarsi a poche settimane dalle elezioni. Ora è già vivo, precocissimo, mesi prima della fatidica domenica, grazie al gramo spettacolo parlamentare e allo sgangherato contrappunto che ne fa la piazza di fronte. E chi rifugge dall’astensionismo come da una malattia si domanda come diavolo fare, questa volta, per non ammalarsi, per non disertare un’occasione che fu per tanti, in gioventù, festosa e doverosa al tempo stesso.

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L’ex Cavaliere, vero vincitore a questa tornata elettorale, annuncia quella che fino a poco tempo fa sembrava l’impresa impossibile: fare un’alleanza “sulla base di un programma condiviso”. Ma a chi si rivolge veramente? I suoi probabili alleati stanno già litigando: Il Carroccio dice “mai con Alfano”, Area popolare ribatte “il nostro contributo è stato decisivo”. (altro…)

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Astensione al 40% (a Genova arrivata al 50%).
Il centro destra che torna unito e riesce a tornare alla carica persino a Como, dopo i disastri del lungo Lago e delle paratie.
E non solo il centro destra in cui risorge Berlusconi: a Lucca Casa Pound arriva quasi al 9%.
A Trapani al ballottaggio arriva un candidato sotto inchiesta per corruzione.
A Catanzaro entrambi i candidati al ballottaggio sono sotto inchiesta. (altro…)

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Il capo dello Stato costretto a un nuovo appello alle Camere per una riforma che “armonizzi” il sistema di voto come chiesto fin dall’inizio di dicembre. Tra le forze politiche, come al solito, la colpa è di nessuno. E dopo svariati rinvii e sedute quasi inutili in commissione a Montecitorio, la novità è un nuovo termine di tempo: “A fine maggio la discussione in assemblea”.

Ha osservato, ascoltato, confidato e poi aspettato, aspettato, aspettato, aspettato. Ma dopo quasi 5 mesi la fiducia del presidente della Repubblica si è trasformata nella consapevolezza di non essere ascoltato dal Parlamento. Sono passati 136 giorni da quando il capo dello Stato, dopo aver dato il mandato al nuovo presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ha sottolineato la necessità di un nuovo sistema elettorale. Ne sono passati anche di più dalla serata del referendum costituzionale, nel corso della quale tutti i partiti giuravano che serviva una nuova legge fingendo di voler andare alle elezioni politiche il prima possibile. (altro…)

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Quello di Macron potrebbe sembrare un mezzo miracolo.
Il giovane ministro dell’Economia di un governo in perdita di consenso e legato ad un partito in perdita di voti, è riuscito in pochi mesi a crearsi un movimento, a staccarsi dall’ombra di Hollande (di cui era consigliere) e del PS francese e a presentarsi agli elettori come il volto nuovo della politica.
Macron il rottamatore francese, quello che in Italia tutti guardano con interesse in Italia, con la solita domanda stupida, chi è il Macron italiano (ovvero il vincente) italiano?

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Su un’alleanza PD – M5S alle prossime elezioni, il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, è possibilista. Intervenendo sulla domanda di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7, il direttore spiega le ragioni auspicate dal filosofo Massimo Cacciari e dal costituzionalista Gustavo Zagrebelsky: “Dato che nel polo di centrodestra c’è Berlusconi disponibile a governare col PD, col rifiuto della Lega e della Meloni, senza per questo avere i voti sufficienti per governare, l’unica soluzione per evitare di ritornare alle urne, è un’alleanza dei 5 stelle o con il PD o con la Lega”. (altro…)

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renzi-berlusconi

L’ex capo del governo: “Io non ho fretta, decidiamo quel che serve all’Italia”. Il leader di Forza Italia: “Il Paese dev’essere governato e per la legge elettorale servirà tempo”. Intanto il leader del Pd comincia a tessere una nuova trattativa: al posto del Mattarellum, un proporzionale con ballottaggio.

“Io non ho fretta”. “Il Paese dev’essere governato”. I contraenti del Patto del Nazareno, finito in frantumi sia per la legge elettorale che per le riforme costituzionali, parlano nello stesso giorno, separati. Matteo Renzi in un’intervista a Repubblica a Ezio Mauro, Silvio Berlusconi in un’altra intervista al Corriere della Sera con Francesco Verderami. (altro…)

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Scanzi

Ho la sensazione che Renzi, anche quando perde, un po’ come faceva la vecchia Dc, finge in qualche modo di aver vinto e comunque sottovaluta i sintomi. Afferma, tre anni dopo le elezioni politiche, che il voto al M5S è di protesta. Significa allora che o non ha capito niente o non voglia capire nulla. Più Renzi sottovaluta il M5S, più il movimento cresce“. E’ il commento del giornalista de Il Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi, al post-voto delle elezioni amministrative, durante Otto e Mezzo (La7). Scanzi sottolinea: “Non credo ci sarà nel Pd un dibattito interno tra Renzi e la sinistra dem, perché questo presuppone un’idea di partito che Renzi non ha. (altro…)

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Il giorno dopo sono tutti bravi a commentare le elezioni amministrative di ieri, anche le tigri da tastiera che, il giorno prima, era certi dei risultati.
Ci penserà questa sera Gazebo, nello speciale sulle amministrative a fare giustizia per noi.
In ogni caso, basterà tirar fuori l’alibi dell’astensione, che a questo giro ha pesato per quasi 5 punti percentuali: come se l’astensionismo fosse un alieno venuto dallo spazio e non frutto della cattiva politica, della distanza tra questa e le persone, degli scandali, dell’assenza di proposte vere e alternative tra loro.
A Milano, ad esempio, Mr Expo si è giocato in questi mesi il vantaggio che aveva (nei sondaggi) su Parisi: manager l’uno e manager l’altro, archiviato il mega spot di Expo (e le sue magnifiche code), i milanesi hanno dovuto fare i conti con una realtà diversa dallo spot elettorale, ora nel dimenticatoio.  (altro…)

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Ieri i due candidati sindaci di milano si sono finalmente incontrati al confronto televisivo su Sky.
I due candidati manager hanno raccontato agli elettori il loro modello di Milano. Si sono divisi almeno all’apparenza su un argomento: l’argomento sicurezza.
Da una parte Parisi che batteva il tasto della sicurezza e del senso di pericolo percepito dai milanesi.
Dall’altra Sala che non può abiurare il lavoro di Pisapia ma che, per tenere buono l’elettorato di centro e di centro destra cui si rivolge, aveva proposto l’uso dei militari nei quartieri a rischio. Proposta su cui Parisi e il centrodestra stesso aveva sbottato “ma è un’idea nostra, ci ha copiato il programma!”.

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Il presidente del collegio dei liquidatori, Alberto Grando, ha annunciato che il documento sarà presentato all’assemblea “entro il 30 giugno”. Il ballottaggio è il 19. L’ex numero uno della società, candidato del centrosinistra, aveva replicato alle accuse di voler nascondere i dati assicurando che sarebbero stati diffusi “ad aprile”.

I milanesi voteranno per il sindaco senza prima avere visto nel dettaglio i veri numeri di Expo. Senza aver potuto paragonare larealtà dei conti rispetto a quanto sinora raccontato, tra bugie eomissioni, dall’ex numero uno della società e candidato del centrosinistra, Giuseppe Sala. La chiusura del bilancio è stata infatti rinviata: “Lo presenteremo all’assemblea dei soci entro il 30 giugno”, ha annunciato il presidente del collegio dei liquidatori di Expo, Alberto Grando, nel corso di un’audizione in commissione a Palazzo Marino. (altro…)

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Tre dei candidati sindaci del Pd nelle quattro maggiori città d’Italia sono andati a votare al referendum sulle trivelle: Sala, Giachetti e Fassino. Solo a Napoli la Valente si è astenuta.

Il motivo è evidente e si chiama ballottaggio.

I candidati del Pd – quando arriverà il secondo turno – avranno bisogno del voto di sinistra: quella radicale, certo, ma soprattutto quella genericamente non renziana. In tutto, qualcosa che vale almeno il 10-15 per cento dell’elettorato: decisivo al ballottaggio. Quindi i candidati del Pd si sono fatti vedere ai seggi, per non alienarsene del tutto le simpatie. Dappertutto tranne che a Napoli, dove il voto alla sinistra di Renzi è comunque perso, perché Valente – se mai arrivasse al secondo turno – dovrebbe vedersela con De Magistris. (altro…)

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ellekappa

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Di Battista

La storia montata ad arte da stampa e Partito Democratico sulle email è pura fantasia. Evidentemente dopo il decreto mutui, durante il brindisi con le banche, devono aver alzato tutti un po’ il gomito. La paura dei partiti e di qualche editore di perdere Roma si fa sentire. (altro…)

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Iran

Le elezioni in Iran.

Anche se i risultati definitivi delle elezioni iraniane non sono disponibili, si può già dire che avevano torto i pessimisti, quelli che erano convinti che, nella “democrazia monca” che caratterizza il sistema politico della Repubblica Islamica, i conservatori più radicali avrebbero prevalso sui sostenitori della proposta di cambiamento del Presidente Rouhani. Lo facevano pensare la falcidia del 99 per cento dei candidati riformisti, eliminati dalle liste dal Consiglio dei guardiani. E lo facevano pensare anche i sintomi della delusione di chi, pur avendo salutato con soddisfazione l’accordo nucleare, constatava che ancora tardano i cambiamenti promessi dal governo sul terreno dell’economia e soprattutto delle condizioni di vita reali.

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Toh: il ‘New York Times’ lo chiama «umore anti-establishment». E si riferisce al fatto che il miliardario Donald Trump seduce una fetta crescente della working class americana. Quella iscritta ai sindacati, quella che tradizionalmente vota democratico e su cui contava anche Hillary Clinton.

Insomma, i lavoratori di classe medio bassa. Che ora potrebbero scegliere un candidato di estrema destra perché si schiera contro l’immigrazione, certo, ma anche contro la globalizzazione dei mercati, contro i trattati di libero commercio, contro i tecnocrati e i lobbisti che reggono i fili del sistema. (altro…)

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