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Posts Tagged ‘isis’

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Da eccesatira.blogspot.it

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La prima pagina de Il tempo è eloquente: chi ama Roma sta coi poliziotti.
Oggi siamo tutti sbirri, siccome è prevista la calata dei barbari dei centri sociali e black bloc (in collaborazione con i jihadisti), in occasione dell’incontro dei leader europei per i 60 anni dell’Europa. (altro…)

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attentati

Viaggio nei quartieri occidentali della metropoli turca teatro degli ultimi attentati. Da Besiktas a Ortakoy, anche per il turismo è la crisi più nera.

“Qui non siamo al sicuro” tra gli europei di Istanbul che scelgono di ripartire.

ISTANBUL – «La metafora dell’albero”, dice. Se lo scrolli, i frutti più maturi, i meno solidi cascano. «Mollano. Se ne vanno, capisci?». Gli altri restano appesi, e affollano i ristoranti come questo. «Là davanti, a destra, ecco, quella è la moschea blu», dice. Il Corno d’Oro. La lunga fila di vetrate della sala del Vogue, al tredicesimo piano di una torre moderna a Besiktas, è una cartolina struggente di una città che toglie il respiro. Di fronte, oltre il Bosforo, le mille luci della Istanbul araba. A sinistra, la vista dell’intera finestra è dominata dal primo ponte. È illuminato di rosso. Come il sangue che scorreva lì sotto, ieri sera.

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ellekappa

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In comune

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Dopo gli attacchi, la cancelliera presenta un piano “Non tradisco i miei valori”. Allarmi a Brema e Colonia.

EllekappaBERLINO – Non ha battuto ciglio. Neanche quando le hanno chiesto se si sentiva responsabile per gli attentati in Baviera o il successo crescente della destra populista dell’Afd. Dopo le tragedie dei giorni scorsi, e le critiche per non essersi recata finora nei luoghi degli attacchi, Angela Merkel ha anticipato la conferenza stampa “estiva” che tiene di solito al rientro dalle ferie. Ma non ha ceduto di un millimetro ai toni marziali degli alleati bavaresi e all’isteria dell’opposizione di destra. Ha elegantemente ignorato la proposta folle del governatore della Baviera di rispedire i rifugiati nei martoriati Paesi di provenienza e non ha tradito la promessa di un anno fa di mantenere le frontiere aperte ai profughi.

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Bucchi
L’ONDATA di attentati che ha scosso l’Europa ha fatto dire a Ilvo Diamanti (su Repubblica di ieri) che rischiamo di abituarci al terrorismo, di «routinizzare l’orrore» fino a vederlo come una sorta di fatalità, come già avviene in Israele. Ma questi tragici eventi, sanguinosi e drammatici, provocano anche forti tensioni, e soprattutto un clima generalizzato di paura, col rischio di conseguenze politiche gravi, in un’Europa che già da tempo sta diventando sempre più fragile. Il terrorismo minaccia di allargare l’alveo dei populisti, i quali a volte se ne rallegrano cinicamente.

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La rete

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Gli ultimi dieci anni sono stati duri per il mondo del giornalismo, soprattutto a livello locale. Oltre una decina di quotidiani cittadini ha chiuso i battenti. Nel 2014 gli introiti delle testate giornalistiche sono stati meno della metà rispetto a dieci anni fa e migliaia di cronisti hanno perso il lavoro. Certo, c’è stata la rivoluzione online. Molti sosterrebbero che attualmente abbiamo a nostra disposizione molte più informazioni che in passato e che dunque non abbiamo più bisogno del giornalismo investigativo tradizionale.Noi non siamo d’accordo.[Tradimento, Il caso Spotlight, edizioni Piemme]

Domenica scorsa scrivevo di un mondo che sembra aver preso una accelerazione senza controllo: il terrorismo, gli spari contro i poliziotti, l’Isis e il terrore dell’Isis, l’assurdo attentato a Nizza e poi il fallito golpe in Turchia.

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Nizza“Il killer aveva complici e non ha agito da martire”. Il selfie prima del massacro.

NIZZA – La storia della strage del 14 luglio va riscritta. Ne va certamente riavvolto il nastro. Perché troppe cose cominciano a non tornare. Perché, per dirla con una qualificata fonte dell’Intelligence francese, «più l’inchiesta va avanti, più è ragionevole ipotizzare che Mohamed Lahouaiej Bouhlel non sia il solo protagonista di questa vicenda. Che fosse parte di un piano in cui qualcosa non è andata per il verso giusto. O comunque non come era stato fatto credere a Mohamed che dovesse andare. Sicuramente, il comportamento di Mohamed prima e durante la strage non è stato quello di un martire. Sicuramente nella corsa di quel tir sulla Promenade des Anglais c’è qualcosa che non torna.

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Le due reti hanno principi comuni: ma si comportano in modo diverso nella scelta degli obiettivi.

Al Qaeda, lo Stato islamico e la guerra all’Occidente.

Il primo a essere ucciso è stato Cesare Tavella, un cooperante italiano di 50 anni che faceva jogging: fu raggiunto dai proiettili lo scorso settembre durante la sua corsa quotidiana fra gli alberi del quartiere diplomatico della capitale del Bangladesh, Dacca. Allora la polizia disse che gli assassini avevano ricevuto istruzioni di uccidere uno straniero bianco a caso.

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Natangelo

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QUESTA volta è toccato a noi, ai nostri connazionali trucidati a Dacca. Ma ormai è evidente che l’attacco del terrorismo islamista non risparmia nessuno. Non si tratta, dovrebbe essere ormai chiaro, di un problema medio-orientale, e non basta, per spiegarlo, chiamare in causa le disgraziate avventure militari americane in quella regione, l’irrisolta questione palestinese o la contrapposizione settaria fra sunniti e sciiti.
TUTTI aspetti che contribuiscono alla radicalizzazione jihadista a livello mondiale, ma che certo risultano insufficienti per capire quello che è accaduto in Bangladesh. A rendere difficile la nostra risposta (che deve essere nello stesso tempo militare, di intelligence, politica e culturale: smettiamola di pensare che una sola dimensione possa funzionare) è proprio questa complessità del fenomeno, questo confluire di spinte contrastanti, squilibri, frustrazioni, contese geopolitiche.

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La gente continua a morire per mano dei terroristi dell’Isis non solo in Europa, a Parigi o a Bruxelles (ma anche ad Ankara, a Beirut, in Nigeria).
Le bombe esplodono in Iraq in uno stadio nella provincia di Babil , uccidendo islamici e non islamici, in Pakistan a Lahore in un parco dove i cristiani festeggiavano la Pasqua.
Bombe che creano terrore, che marcano il territorio, danno il segnale di statevene a casa.
Tanto più l’esercito di terra è in crisi, grazie all’azione congiunta di russi e americano, tanto più l’esercito invisibile dentro le nostre città, le periferie, è in grado di colpire quando vuole.

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Incriminato“Il reporter resta incriminato ma prove insufficienti” La Casa Bianca: l’Europa faccia di più per la sicurezza.

BRUXELLES – «Colpevole». «Forse si». «Certamente si». Anzi no. In un’ennesima disarmante capriola l’Antiterrorismo belga si offre candida alla gogna del mondo. Il giornalista free-lance Faysal Cheffou non è il terzo uomo del commando di Zaventem. Resta indagato per terrorismo ma, in 48 ore, le fonti di prova che avevano convinto la Procura federale ad arrestarlo come uno degli esecutori della strage, si rivelano improvvisamente troppo fragili per privarlo della libertà. La sua scarcerazione è annunciata nel primo pomeriggio da un comunicato di due righe della Procura Federale — «Gli indizi presupposto del suo fermo non sono stati confortati dalla prosecuzione dell’indagine» — e assume contorni più precisi con il passare delle ore.

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Natangelo

Se fossero esseri raziocinanti e non macellai fanatici, verrebbe il sospetto che questi terroristi in franchising sotto la sigla Isis facciano le stragi apposta per far uscire il peggio della nostra cosiddetta civiltà superiore. Tipo Salvini o Gasparri, per dire. Personaggetti che ormai fanno notizia solo quando c’è una mattanza da commentare, nel circo equestre tele-socialaro della dichiarazione prêt-à-porter, possibilmente idiota, regolarmente prestampata e riciclata da un qualche eccidio precedente. La parola “guerra” è sempre d’obbligo, anche se il terrorismo è tutt’altra cosa, perché non schiera eserciti sul campo: eppure c’è chi sostiene, restando serio, che il nocciolo della questione è “avere il coraggio di dire che siamo in guerra”. (altro…)

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L'omaggio

L’intelligence comune è una ragnatela di burocrazia Solo dopo la strage di Charlie Hebdo nel Vecchio continente è cominciata una vera collaborazione.

Dal 2001 a oggi, l’Ue non è riuscita a creare un organismo unitario Con regole diverse e apparati lenti non si fermano i jihadisti.

DOPO ogni strage si alza un coro di grandi progetti, che finiscono lentamente insabbiati nella solita piccola politica di Bruxelles. In questo settore le gelosie nazionali sono massime e finora si è cercato solo di allestire organi che facessero da consulenti ai paesi meno capaci, senza mai pretendere un ruolo da protagonisti. Così, quindici anni dopo le Torri Gemelle, l’Europa si trova di fatto senza organismi unitari per fronteggiare una minaccia globale, che colpisce e prospera sfruttando anche la disparità di legislazioni e apparati preventivi.

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Ellekappa

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I monumenti

Federica Mogherini.

L’Alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza europea: “È una battaglia che non possiamo perdere” “Per la Siria e per la Libia si intravedono possibili soluzioni”.

BRUXELLES – Le bombe a Istanbul, le stragi in Libia, le violenze contro le donne a Colonia, l’attentato al premier libico designato che lei aveva appena incontrato a Tunisi cronaca degli ultimi giorni e delle ultime ore: permetta una domanda personale, signora Mogherini, ma non le capita mai di sentirsi in guerra?
Federica Mogherini, l’Alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza europea, ci pensa un attimo. «No. L’unica guerra che mi sento addosso, ed è drammatica, è la guerra contro il tempo.

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