È INSPIEGABILMENTE morto, ieri a Roma, Remo Remotti, pittore, poeta, attore. Nessuno di quelli che lo hanno conosciuto e frequentato poteva immaginare che Remo, prima o poi, avrebbe smesso di vivere. La sua vitalità esuberante, smaniosa, contagiosa era palesemente inconciliabile con la morte; e il suo decesso, a soli novant’anni, va dunque considerato la prova definitiva che,effettivamente, nessuno di noi è immortale.
Remo non è stato, diciamo così, un artista da Pantheon. O da accademia. O da red carpet. Ha disperso la sua energia (atomica) in miliardi di attività il più delle volte incompiute, ha viaggiato moltissimo, vissuto furiosamente, amato a iosa, è stato in quasi tutti i posti del mondo, anche in manicomio, ha riso, cantato, scritto, recitato, mangiato, bevuto sempre con una naturalezza smagliante, fanciullesca, al riparo dai sensi di colpa così come dall’autocompiacimento.