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Posts Tagged ‘simone perotti’

Antagonisti

Care redazioni dei giornali, così non va. Della manifestazione di ieri non ci abbiamo capito niente.

A Roma non c’ero, ma ho visto i video non montati che ha realizzato il team della Gabanelli, in cui si constata che gli scontri di ieri a Roma sono stati generati da una ventina di incappucciati che, nei pressi del Ministero dell’economia, ha volutamente assediato, per meno di mezzora, un piccolo nucleo di agenti della Guardia di finanza. Qualche petardo, qualche fumogeno da stadio, qualche contatto, un cassonetto incendiato. Non molto altro. Certo, un episodio deprecabile, grave se vogliamo, come è grave sempre ogni atto di violenza. (altro…)

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In questi giorni mi parlavano di amicizie storiche, persone che ti accompagnano per una vita intera. Come al solito mi sono sentito un po’ male. Inadeguato. Io non ne ho. La persona che conosco e frequento da maggior tempo è apparsa nella mia vita una decina di anni fa. Molte delle persone che amo le conosco da tre anni, da due, da uno.

Mentre mi distraevo, tuttavia, i discorsi sono andati avanti. Discorsi già sentiti, tic conosciuti fino alla nausea, storie rimaste negli anni, sospese. Mi è tornato un po’ il respiro. Poi… il moto d’orgoglio.

Ma chi l’ha detto che la durata è così importante? Ma dove sta scritto che la temporaneità o la brevità sono disvalori? E perché mai dovrei dolermi di non avere più un amico d’infanzia, uno che possa fare da testimone alla mia vita intera? Non sarà che quei testimoni, se anche ci amano e ci accompagnano, ci inchiodano a quel che eravamo? Non sarà che un uomo troppo legato agli amici di sempre stenta ad aprirsi e a incontrarne di nuovi? Stenta a cambiare vita…? (altro…)

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40°37′ N – 70°32′ O
155 miglia da New York
Mare calmo
Brezza tesa
Velocità 8,5 nodi

Un capodoglio di una quindicina di metri ciondola in direzione contraria alla barca. Soffia due o tre volte, poi espone la sua coda morbida e larga e si inabissa. Un capodoglio ci ha salutati alla partenza, appena fuori dal porto di Funchal, a Madeira, e un capodoglio ci accoglie all’arrivo.

Improvvisamente capisco una cosa importante, qualcosa che so da sempre, ma che non ho mai messo a fuoco così lucidamente, così ferocemente: io non appartengo a nessun mondo.

L’ho capito chiaramente in queste settimane di navigazione, forse perché avevo davanti due campioni dell’appartenenza. Giovanni è il mondo della vela, almeno quanto il mondo della vela è lui. Ha iniziato da giovanissimo, appeso al suo sogno di libertà e di vita di mare. (altro…)

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Dagli anni ’70, dopo aver risolto le questioni di primaria necessità del dopoguerra, non abbiamo fatto altro che generare e inseguire bisogni immaginari. Ben assistiti dalla macchina del consumo e da quella mediatica, la nostra società, la nostra cultura, hanno spostato giorno per giorno sempre più in là l’asticella del benessere, sostenendo che sempre più condizioni, sempre più oggetti, sempre più servizi fossero necessari per acquisirlo e mantenerlo. Pubblicità e informazione hanno reso questi concetti immaginario collettivo, e tutti, più o meno, abbiamo iniziato a inseguire quelle icone. Per farlo, anche in periodo di crescita economica, è stato necessario mettere in secondo piano ogni cosa. (altro…)

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Atlantico nordoccidentale, VI giorno. Mare calato, insieme al vento. Sono trenta ore che navighiamo con spinnaker, trinchetta e due rande. 9-10 nodi di speed. Continuiamo a procedere per 300 gradi, anche se stanotte il vento è girato a est-nordest costringendoci ad alzare la prua fino a 320°. Le previsioni sono sbagliate, quel che dovremmo trovare è un sudest da una quindicina di nodi. Dovremo procedere in base a quello che troviamo. In ogni caso, dopo quasi 1000 miglia di navigazione abbiamo ancora 1800 miglia davanti prima di New York. Non siamo messi male, ma acqua davanti ce n’è. A bordo si parla, si discute. Difficile farlo su tutto. Alcune posizioni sono decisamente agli antipodi e forzare sui temi, in uno spazio ristretto, per molti giorni, non ha senso. La differenza delle personalità e delle impostazioni, tuttavia, è sempre fertile. Suscita riflessioni, mette in risalto i temi. Eccone uno, frutto della navigazione notturna.

Su simboli e ruolo

Simboli e ruolo non sono veri. I primi servono a mostrare qualcosa che, senza, non si vedrebbe, per il semplice motivo che non c’è. Il secondo, in modo del tutto identico, serve a rappresentare qualcosa che, senza quei galloni sulle spalle, non apparirebbe. Senza quella divisa sarebbe impossibile. (altro…)

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Le partenze. Tutto il tempo che corre prima di andare fremo. Sempre. Mi pare che Il Tempo vero sia quello, non quello che manca. Non è impazienza. Non so cosa sia.

In realtà non si tratta di un’attesa, ma di vita. Marcel Proust, che di tempo perduto se ne intendeva, scriveva che il tempo di un’attesa fuori programma, quando siamo insofferenti per qualcosa che tarda ad avvenire, non è tempo perso, ma tempo ritrovato. Tempo che non avremmo avuto, se tutto fosse andato come doveva, e che invece ci ritroviamo a disposizione, come una provvista piena. Tempo in cui pensiamo cose che non avremmo pensato. Ci ragiono su seduto al tavolino del bar. Un caffè, ottimo, 0,60 euro al tavolo. (altro…)

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La nostra cultura è pervasa di cose che non esistono. Se uno sbaglia è stato sfortunato, se fa bene ha avuto l’aiuto della Provvidenza. Peccato che né la sfortuna né la Provvidenza esistano. Sulla scorta di queste convinzioni medioevali (in realtà già precristiane e poi ancor maggiormente legate alla religione) siamo molto impauriti: “Avrò fortuna? E se sbaglio, se mi dice male…?” Sono questi i nostri pensieri alla viglia di una scelta, ed è in gran parte per colpa di essi che restiamo immobili, che tergiversiamo, che accampiamo scuse a volte perfino risibili. Nessuno sospetta una verità molto semplice, che dovrebbe rassicurarci: non sbagliamo mai. (altro…)

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Non so se avete visto questo spot della Mercedes. Molto interessante.

Un uomo vive come un eremita, con un cane come unico compagno,  barba lunga, catapecchia sulla riva di un laghetto di montagna, spacca la legna (d’estate… vabeh! Forse è ora di pranzo e deve cucinare. Però il fuoco è già acceso… Mah!). Sono anni, si desume, che ha lasciato tutto e vive come un solitario.  ”Ne avevo abbastanza, volevo ritornare alle cose essenziali, una vita semplice… Pensavo che non sarei mai tornato indietro“. E invece… Il fascino della pelle rasata, dell’abito di sartoria, e soprattutto della nuova Mercedes, lo riattirano verso la civiltà, verso gli agi e il design di una vita brillante. Nella scena finale si vede l’auto (col protagonista dentro, suppongo) che attraversa un ponte verso la città. Payoff finale “The Best or Nothing”. (altro…)

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