Ventotto bare e migliaia di persone ai funerali sotto il tendone Mattarella e Renzi in piedi tra la gente per tutta la cerimonia.
Amatrice, addio ai morti tra le macerie il grido del vescovo: non incolpate Dio
AMATRICE – Con queste preghiere nel fango, con queste parole di pioggia che sgocciolavano su ventotto bare, finisce il conforto del rumore e piomba su Amatrice la paura del silenzio. Nella spossante similitudine di tutte queste catastrofi, nel rito sempre identico in tutto il mondo del dolore pubblico che s’impadronisce del dolore privato nell’illusione di lenirlo e di sentirsi meno in colpa, Amatrice è stata per una sera il paese dei morti che hanno dovuto confortare i vivi. Senza un grido, senza scene di strazio, in una compostezza che smentisce i luoghi comuni dell’italianità melodrammatica.