La storia
Il padre in fuga con il piccolo di 8 anni. La madre: fermatelo, è pericoloso.
MA ORA SALVIAMO LEO DALL’EGOISMO DEI GENITORI.
COME si fa a difendere un bambino dai suoi genitori?
Perché non esiste il Tribunale Superiore del Buon Senso e dell’Umanità capace di fare piazza pulita delle regole e delle leggi, degli accordi internazionali e delle perizie che dica solo: lasciatelo in pace?
AFFIDATELO per un breve o lungo momento a qualcuno che sappia volere il suo bene — un nonno una zia un amico una maestra — qualcuno che sappia tenerlo lontano dal calvario delle vostre reciproche sevizie e dall’egoismo adulto di volere l’esibizione del suo amore in esclusiva, clava che picchia sull’altro. La clava è un essere umano, ogni colpo che dà è un colpo che prende.
Leonardo Rigamonti, anni otto, è il bambino con la maglietta a righe che mentre si infila le dita nel naso e si gratta la testa dice, in un video di quattro minuti che suo padre ha messo su Youtube da un luogo segreto di fuga, che sua madre è cattiva, che la odia, che la mamma dice bugie e lo obbliga a dirne sul conto di papà nel tribunali, che lui papà lo ama e infatti vedete lo bacia sulle labbra, gli dice proprio «ti amo, lo sai, la mamma vuole solo vederti in prigione».
C’è qualcosa che si ribella alla natura, in questa dichiarazione d’amore che sarà anche sincera, ogni cosa è sincera e disperata se hai otto anni e cerchi il posto dove la carneficina del bene negato sparisca dai tuoi giorni. C’è qualcosa di osceno in questa violenza mascherata dai baci e dagli abbracci. I bambini non sono innocenti se non da neonati, chiunque ne abbia uno lo sa. Possono essere feroci. Le famiglie possono essere inferni, anche questo ciascuno lo sa. La retorica della famiglia come luogo di cura e tutela a priori e a prescindere è buona per certa politica, non sta nella vita. I genitori non li scegli. A Leonardo Rigamonti ne sono toccati due di nazionalità diverse (la madre americana, il padre italiano) che si accaniscono in reciproche accuse — lei dice di lui: è violento, lui di lei: è alcolista — e vogliono, ciascuno, il figlio per sé. È una storia ordinaria, anche al netto del diritto internazionale che complica parecchio. Non importa, qui, chi abbia ragione: sono affari loro. La differenza fra avere più di quarant’anni e averne meno di dieci dovrebbe consistere in questo: non far ricadere su chi è venuto dopo gli errori di chi è venuto prima. Sacrificarsi, persino. Rinunciare e fare un passo indietro se necessario. Amare significa anteporre il bene di chi si ama al proprio. Non può essere Leonardo a decidere chi ama di più, per fortuna o purtroppo. Deve essere chi lo ha messo al mondo a capire cosa è meglio per lui anche se è la scelta più dolorosa per sé. Quando i genitori non ci riescono, e tanto spesso non ci riescono, bisognerebbe abbassare il volume del cicaleccio, abbandonare gli orgogli di bandiera, riuscire a congedarsi per un momento dalla retorica del caso. Mettere da parte persino le perizie psicologiche e le carte dei tribunali e fare un gesto primario, solenne, definitivo, di umanità. Bisognerebbe tenere Leonardo, e tutti i bambini contesi del mondo insieme a lui, al sicuro. Lontano da chi li costringe a mentire come da chi li mette davanti a una telecamera. Bisognerebbe, piccolo Leo che parli inglese, ma non esiste in questo mondo un Tribunale che possa decidere questo per te. Cerca di farcela da solo, cerca di resistere. Passerà il tempo, e se hai fortuna il guasto che ti hanno procurato non sarà troppo grave, e magari da grande riuscirai a farlo tu. Sogna bei sogni, sogna grandi sogni. Riscattaci, smentiscici.
Da La Repubblica del 16/01/2014.
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Il papà si è solo difeso da una madre che insiste con una falsa accusa di pedofilia e che per questo ha assunto un avvocato che nega che l’alienazione genitoriale o PAS è un abuso e che ha numerose clienti allontanate dai figli dopo false accuse di pedofilia che hanno devastato bambini. Perché la magistratura non lo ferma?
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