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Posts Tagged ‘concita de gregorio’

L’intesa indipendentisti-Podemos per portare il Psoe a far cadere Rajoy.

Dalla riunione di Saragozza ai conciliaboli tra Generalitat e Ateneu La sindaca Ada Colau tenta una grande manovra nella sinistra.

BARCELLONA – QUI si cerca di dare una risposta a quello che tutti si chiedono: che succede ora? Si cerca di farlo chiedendolo ai protagonisti di questa storia, e la prima cosa da dire è che non lo sanno con certezza neppure loro – siano presidenti o primi ministri, re o consiglieri – che cosa succederà in Spagna da domani. Non possono prevederlo perché non ci sono precedenti storici (come si fa a proclamare una Repubblica dentro una Monarchia?), non ci sono margini di mediazione (come potrebbero esserci, dopo gli scontri?), non c’è un vero vincitore tra chi esercita la forza per reprimere il voto e chi forza la legge per votare.

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Grazie alle mail di Sara, Carla Romano e Monica Montenegro

Un Paese dove non si può nascere e neppure morire ditemi voi che Paese è. Che ti toglie il lavoro se sei incinta, perché mettere al mondo un figlio non conta – per la legge di mercato è un costo – e che una volta nato ti costringe a restare anche quando implori che ti lascino andare. Che ti obbliga a espatriare per adottare o fare un figlio – se sei una persona sola, se hai un compagno del tuo sesso – per trovare lavoro, infine per morire. Ditemi voi se non “dobbiamo scappare dall’Italia incivile”, mi scrive Carla Romano, medico. (altro…)

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i-pezzi
CHI sta con chi. Per andare dove. Per fare cosa. Il disorientamento dei lettori di questo giornale e degli ostinati elettori del centrosinistra è lo stesso di tutti quelli, fra noi, che non siano cultori della materia o interessati a un seggio, spesso entrambe le cose. Nel giorno in cui si chiude il congresso di Sinistra Italiana e il Pd si riunisce in assemblea proviamo a fare una mappa, certamente in difetto di distinguo.

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I bambiniÈ CROLLATA l’estate sui sogni dei bambini. Di notte, come negli incubi dei mostri che escono dall’armadio, sgusciano da sotto il letto. Come le ombre che entrano dalla finestra di una stanza che conosci, ma non tanto conosci. Dormivano a casa dei nonni.
È ALLA FINE dell’estate che i genitori, tutti, dopo qualche giorno di vacanza — per chi è ancora possibile qualche giorno di vacanza fuori — chiamano i nonni: mamma, porto i bambini da te. Nelle case dei nonni ci sono stanze strane, con letti di ferro o di legno scuro, con certe foto sconosciute nelle cornici e certi santi, stanze che erano state di bimbi tanti anni fa, quando i genitori erano bimbi — qualcosa che si fa fatica a immaginare. Camere sempre un po’ estranee, al principio, di stoffe e odori antichi e strani. Bisogna starci qualche giorno per smettere di avere paura. È qui, su questa coda di sonno appena trovato, che è crollato il bisogno e il desiderio di essere al sicuro. Un lutto irreparabile. Qualcosa che nei superstiti, come sa chiunque sia sopravvissuto a una sciagura, non si rimargina. Bisogna stare nello sguardo di quel bambino che, in braccio a suo padre, osserva dodici uomini vestiti di nero e d’arancio scavare fra le pietre dove prima c’era casa.

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brexit

Le politiche.

Pp e Psoe sperano che le paure post-referendum li avvantaggino contro Podemos.

BARCELLONA – È nel paese più europeista d’Europa che si misurano oggi, a settantadue ore dal referendum inglese, gli effetti di Brexit sull’elettorato. Non c’è paese nell’Unione più unanime: a Barcellona e Bilbao anche chi non si sente spagnolo si sente europeo. È la storia della democrazia post-franchista, è cultura diffusa e cresciuta generazione dopo generazione nella culla degli Erasmus. Dunque, è sull’onda di un vero shock che si vota. La reazione è l’enigma della vigilia: ritorno agli ovili politici o contagio da spallata referendaria. Lo scenario, in bilico, può cambiare radicalmente nell’una o altra ipotesi. La situazione oggi è questa.

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VORREI parlare di Virginia Raggi e Chiara Appendino. Due giovani donne nei loro trent’anni molto votate domenica da elettori chiaramente esausti dei giochi di prestigio e di parola di chi crede di poter continuare a fare quello che gli conviene spacciandolo per una novità, un cambiamento, oplà guardate, magari togliamo le insegne di partito facciamo una bella campagna porta a porta e siamo come nuovi. Nulla cambia, invece, nel profondo, e le persone lo sanno. Per quanto la memoria sia labile, le conoscenze sempre più superficiali, l’attenzione volatile le persone lo sanno perché lo vivono sulla loro pelle. Ricevo moltissime lettere ogni giorno di ragazze che hanno la stessa età di Chiara Appendino e Virginia Raggi, ragazze di 25, 30, 35 anni che scrivono alla mail intitolata “cosapensanoleragazze”, un luogo dove si ascolta. Ascoltare è una bellissima attività, non la fa più quasi nessuno. Ieri per esempio da Ravenna, tra tante altre, ha scritto Chiara: «Sono qui senza niente, a volte mi sembra di aver vissuto già troppe vite per continuare a credere nel giusto. C’è una smagliatura in questa rete che ci avvolge. Aspettiamo il Bianconiglio sapendo che non arriverà». Una lettera molto lunga, magnifica e disperata.

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CannesCANNES, APPLAUSI PER IL FILM DI VIRZÌ.

TI amo da impazzire, si dice. È bello dirlo, bellissimo sentirselo dire. Ho perso la testa, si dice anche. Poi a volte si fanno cose che sembrano sensatissime — si fa qualsiasi cosa per amore, no? — e invece viste dagli altri sono follie. Poi i fatti diventano pietre: un gesto qualunque, impercettibile, genera un delitto.
E TI dicono sei matta, sei diventata matta, allora ti difendi e per difenderti dal coro che ti parla addosso ne fai altri, di gesti, una catena ostinata e alla fine il dolore ti prende e ti porta via, non c’è modo di tornare indietro. Ma siccome è l’amore, che ti muove, non vuoi tornare indietro. Non c’è dietro. Puoi solo andare avanti.

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TUTTO è bugiardo, in questa storia, a cominciare dai nomi delle cose. In un posto che si chiama Parco Verde e che non è un parco ma un serpente di palazzi e non è verde — di verde ha solo i calcinacci dell’intonaco sbrecciato — una bambina di sei anni a cui hanno messo nome Fortuna viene spinta giù dal terrazzo condominiale, otto piani, perché ha detto di no, questa volta, all’incredibile serie di violenze «croniche e reiterate», si legge nelle carte del tribunale, di un uomo di 44 anni: il padre della compagna di giochi e di pianerottolo da cui passava i pomeriggi. Quali giochi, che pomeriggi.
Tra i primi a piangere il cadavere scende un altro inquilino dello stabile, accusato mesi prima insieme alla moglie di violenza su minori. Quali lacrime.

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CHE frase, che giro di note sono state le tue ultime, Lisa? Che musica ascoltavi, in cuffia, ieri mattina? Dieci minuti prima delle otto, è tardi è tardi, devo correre, non ho sentito la sveglia, no colazione non faccio in tempo lascia stare, devo correre. Mi chiudono le porte, non mi fanno entrare in aula, ciao. Un cappuccio sui capelli, due auricolari bianchi nelle orecchie, i quaderni. Le rotaie, stazione Certosa a Milano, faccio prima se corro, attraverso, il sottopasso mi fa perdere tempo, corro. Chi perde tempo guadagna tempo, non lo diceva tua nonna? Rihanna, forse. Amavi tanto Rihanna, ti facevi chiamare Rirì. Tutta la vita in cambio di cinque minuti, Lisa.

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i centri

Le storie.

Sara e Camilla, intervistate dal progetto di Repubblica.it “Cosa pensano le ragazze”: dai bulli alla terapia, vogliamo farcela per noi e i nostri cari.

PIÙ DI TANTE parole possono i volti. Gli occhi la voce i silenzi i sorrisi. Più dei numeri dicono gli sguardi. Ogni persona è un mondo. Si somigliano a volte le storie, ma è un inganno: non sono mai la stessa.
Camilla e Sara, che si presentano oggi a noi nel progetto “Cosa pensano le ragazze” (mille interviste, una diversa ogni giorno on line su Repubblica. it) sono due giovani donne di straordinario coraggio. Sara ha attraversato il calvario del bullismo scolastico – «erano soprattutto ragazze, feroci» – e si è ammalata, giovanissima, di bulimia nervosa.

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Donne

L’8 MARZO E UN’INCHIESTA LUNGA UN ANNO.

COSA Pensano le Ragazze, il progetto che presentiamo oggi, giornata delle donne — e che durerà un anno — su “Repubblica. it”, fa talmente parte ormai della mia vita che mi è difficilissimo scriverne.

I volti di alcune protagoniste del progetto “Cosa Pensano le Ragazze”

La giornata. Dibattiti, incontri e celebrazioni oggi in occasione dell’8 marzo Al Quirinale, per festeggiare il settantesimo anniversario del primo voto delle donne, saranno intervistate alcune protagoniste dell’epoca: dalla figlia di De Gasperi a Lidia Menapace, da Beatrice Rangoni Machiavelli a Elena Marinucci.

Alla presenza del capo dello Stato, parlerà anche una donna dell’Arabia Saudita.

Ecco di cosa parlano quando parlano le donne.

Abbiamo cominciato due anni fa, senza che nessuno ci commissionasse il lavoro, solo per il desiderio di farlo. Ci siamo trovate — una maestra e una studentessa, una blogger e una sindaca, una sempre molto occupata e una disoccupata, viviamo in ogni parte d’Italia — e ci siamo chieste: delle ragazze cosa sappiamo davvero? Abbiamo appeso al muro una frase di Mario Dondero, fotografo di vite, che dice: se l’obiettivo è rivolto verso se stessi non si vede nulla. È vero sempre, non solo nella fotografia.

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DIPENDE. Vorrei vivere in un mondo dove fosse ancora possibile rispondere così a chi ti chiede — continuamente qualcuno ti chiede — cosa pensi della medicina naturale della riforma del Senato dell’accesso ai tracciati telefonici di un morto, delle donne che portano in grembo un bambino che sarà poi figlio di altri. Dipende, vorrei poter rispondere e invece non si può perché non c’è tempo, non c’è voglia di capire e di ascoltare, di distinguere: puoi solo votare adesso, mettere un mi piace, un pollice verso, scrivere un wow — oppure tacere. Finché un Salvini non dice «disgustoso egoismo» del fatto che Nichi Vendola e il suo compagno Ed Testa hanno avuto un figlio. (altro…)

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AttacchiNON c’entrano destra e sinistra, uomini e donne, gay o etero. C’entra la logica del branco. La violenza e l’ignoranza, sorelle gemelle: forze deboli, le prepotenze. Un rumore di fondo incessante spacciato per libertà che della libertà è l’esatto contrario, invece.
PORTEREBBE lontanissimo, a volerci andare, un momento di attenzione sull’ultima esibizione muscolare dei ‘commentatori’ della Rete. Un’altra volta, magari. Oggi non facciamo fatica. Restiamo seduti qui al bar di Facebook, diamo un’occhiata alle scritte sui bagni di Twitter. Giusto per farsi qualche domanda, il tempo di un caffè. La vittima oggi è Giorgia Meloni, leader della destra di Fratelli d’Italia, molto nota anche perché molto assidua in tv.

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Unioni civiliNON È difficile. È qualcosa che il presidente del Consiglio sa fare benissimo, ci ha costruito il suo successo fin dai tempi in cui moltissimi dei renziani di adesso lo detestavano.
DAI TEMPI eroici, fondativi, della rottamazione. Non è complicato. Bisogna scegliere un posto, meglio l’aula di Montecitorio ma va bene anche un giornale, un programma tv del pomeriggio, una conferenza stampa a Palazzo Chigi con o senza lavagna luminosa — e dire con estrema chiarezza, con poche parole semplici, quello che si pensa. Cioè dire, in modo così sintetico che possa persino diventare un hashtag su Twitter: io, delle unioni civili, penso questo. Sono d’accordo, non sono d’accordo, mi lasciano indifferente.

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ViolaFranca Viola.

Nel ’67 rifiutò di sposare l’uomo che l’aveva violentata. Il suo coraggio cambiò il codice penale. “Mai avere paura di lottare”.

ALCAMO – È di nuovo Natale a casa Viola. In sala da pranzo finiscono il dolce e i racconti il marito, Giuseppe, i due figli, Sergio e Mauro, le nuore. L’unica nipote, tredici anni, è appena uscita per raggiungere gli amici. Una ragazzina bellissima, Sonia: bruna e bianca come sua nonna Franca. «Ha visto com’è cresciuta? Mi ricordo che dieci anni fa, quando lei signora venne a trovarmi, mi trovò che pulivo le scale, di fuori, e quando la feci entrare in soggiorno c’era il triciclo della bambina e i suoi giocattoli a terra. Che vergogna questo disordine, pensai. Ancora me ne dispiaccio. Lei è l’unica giornalista che ho fatto entrare in casa mia, lo sa? Non lo so perché: certe volte è una parola, uno sguardo. Una cosa piccola, è quella che cambia».

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Il dopo Marino.

Circoli spesso chiusi, militanti sconcertati per la cacciata del sindaco, Orfini assediato su Fb: “Fateci parlare” E l’accusa di una ex assessora: “I capibastone ancora tutti lì, vivi e vegeti”.

ROMA – Anticorpi no, però c’è il sole. Un sindaco no. Le sedi del Partito democratico chiuse, però si sta in maglietta e c’è il mercatino biologico, stamani. Molte coppie, bimbi in monopattino, anziani in panchina vicino alla fontana. Scusate, la sede del Pd? «E’ tanto che è chiusa». Sì ma quella nuova? «Non so, chieda a loro». Due operai fumano una sigaretta davanti al cancello dove in un tempo ormai remoto lo studente Matteo Orfini, oggi presidente del Partito democratico, uscito da scuola andava ad ascoltare Massimo D’Alema: la storica sezione Mazzini, quartiere Prati. Al posto del circolo c’è il magazzino di una farmacia, «ma è tanto». Sì. Ma quella nuova? «Dice che ora l’hanno accorpata a Trionfale, come le scuole quando restano vuote». Trionfale, a piedi, sono venti minuti a passo svelto. Chiuso.

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DUE madri non dormono. Una, la madre di lei, all’alba va dai carabinieri. Mia figlia Giordana, vent’anni, non è tornata a casa stanotte.

L’ALTRA, la madre di lui – Luca, 24 – di notte lo ha sentito partire in macchina. La macchina della madre. Le madri. La paura delle madri: dove vanno, cosa fanno la notte questi figli. La botola che non vedi, sai che c’è ma non la trovi. Dove sono, con chi sono. Dove possono cadere. Dov’è il pericolo. L’angolo cieco, quello che l’occhio non trova. La disperazione delle madri. Se avessi capito prima, se avessi visto forse avrei potuto.
Una bambina di quattro anni, nel letto ancora con le sponde. Bellissima come può essere una bambola, il nome grande di un continente, Asia. “La mia nanerottola”, “l’amore vero”, scrive di lei la mamma che l’ha partorita lei stessa bambina, a 15 anni.

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GolinoVENEZIA – Ha vinto il cinema sudamericano grande protagonista a Venezia, premiato da una giuria presieduta dal messicano Alfonso Cuarón. Ha vinto il nuovo mondo, la sua forza.
Desde allá , opera prima di un venezuelano di 40 anni ha sgominato i grandi vecchi e i mostri sacri del cinema – Sokurov, Gitai, Solimoski, Bellocchio. Non la Russia, non l’America, non Israele né la Francia. Non i mongoli muti di fatica del antesco Behemoth , né il Louvre occupato dai nazisti di Francofonia , né il delitto di Rabin raccontato da Amos Gitai. Neppure gli acclamati The Danish girl del premio Oscar Tom Hooper e Remember di Atom Egoyan. I quattro film italiani, con l’eccezione della meritata Coppa Volpi a Valeria Golino, escono sconfitti. Per la prima volta alla mostra irrompe il Venezuela e fa piazza pulita dei pareri che al lavoro del finora sconosciuto Lorenzo Vigas avevano assegnato un voto modesto, in coda a molti.

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La coppia dell'acidoIl piccolo appena nato il giovane sfregiato e il dilemma dei giudici.

BISOGNA respirare lentamente e aspettare che la vertigine, lo stordimento, quella specie di nausea che somiglia alla paura si depositino al centro del corpo. Poi, con calma, ripassare quel poco che si sa: i fatti. Sono poco, i fatti. Sono una sequenza di gesti di cui ci sforziamo di intuire l’origine. Congetture, supposizioni: brandelli di mondi popolati di riti iniziatici, ossessioni, prove di devozione. Subito a fianco il precipizio criminale. L’acido muriatico, il martello. Eppure i ragazzi erano lì, fino a ieri nelle loro stanze, a studiare, sentire musica e studiare. Vent’anni. Avete un figlio di vent’anni? Sempre, dopo, tutti dicono: non si poteva immaginare. I genitori: professori, impiegati. (altro…)

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CI SONO dei momenti in politica in cui non bisogna inseguire il consenso, dice Juncker.

MOMENTI in cui bisogna fare la cosa giusta anche se è impopolare. Ha proprio ragione. Se fossero molti, i momenti così, la politica tornerebbe ad essere una cosa bella — interessante, coinvolgente, appassionante per i ragazzi animati dalle migliori intenzioni — e non quella palude di compromesso e malaffare che ormai puzza talmente tanto da allontanare dalle urne la metà abbondante dei cittadini. Il presidente della Commissione europea parla di immigrazione di fronte alle immagini dell’ultimo naufragio: al largo della Libia sei, forse settecento persone hanno tentato di raggiungere le barche arrivate in soccorso, il barcone si è sbilanciato e rovesciato.

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