PER la deputata cattolica Roccella la fecondazione eterologa lede “il diritto di ogni nato a crescere con i genitori naturali”. E la scienziata cattolica Morresi rimpiange “la pienezza del rapporto tra madre e figlio”. Ci si guarda attorno, nel mondo, tra i viventi. Niente o quasi, nel campo della trasmissione della vita, rimanda a quella “pienezza” invocata, e a quel “diritto” certo. Perfino nella sedicente “famiglia naturale” è tutto un faticoso e approssimato inseguimento all’amore, al reciproco riconoscersi. Capita che padri e madri naturali abbandonino i figli, carne della loro carne; che genitori adottivi allevino con abnegazione figli di ovulo e seme altrui; che figli abbandonino i genitori, naturali o meno, alla demenza e alla morte;
che un nato su dieci o addirittura su cinque — è la non verificabile diceria medica — non sia figlio genetico di colui che chiama padre. Dove stia la Norma, in tutto questo, e dove la “naturalezza”, è un mistero che solamente l’arroganza dogmatica può illudersi di risolvere. Da sempre si viene al mondo come capita, questa è la verità (con la minuscola). Non si vede perché un figlio nato anche grazie a un artifizio tecnologico sia “meno figlio”. La fecondazione eterologa è antica come l’umanità: per
stupro, per adulterio, oggi per scelta, finalmente.
Da La Repubblica del 11/04/2014.
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