LE AFFETTUOSE celebrazioni arboriane in corso suggeriscono una riflessione sull’aspetto al tempo stesso più scontato e più profondo della lunga e felice carriera di Renzo Arbore: la sua allegria. Qualità in genere sottovalutata perfino dai comici, che sovente sono malinconici e/o perplessi, l’allegria è in Arbore una costante imperterrita, quasi stoica, da opporre all’avversario (che è la severità della vita) senza mai dargli la soddisfazione di farsi sorprendere impreparati. È un allegria così compatta, così resistente agli anni, da far pensare che non si tratti del classico “ridi pagliaccio”, ovvero di una maschera di scena; ma che sia proprio un dono di natura capitato a Renzo inteso come persona (persona fortunata…), a sua volta capace di condividerla con gli altri.
Apparentata in genere alla superficialità, l’allegria in realtà non è da tutti (mentre la superficialità sì). La sua stessa rarità la qualifica come un atteggiamento di minoranza, oserei dire d’élite se non sapessi di contrariare gli allegri. Se ognuno di noi prova a fare la cernita delle persone veramente e interamente allegre conosciute nella vita, vedrà che sono pochissime, e per questo preziose. Bisogna tenerle da conto. E per quanto possibile, cercare di capire come fanno.
Da La Repubblica del 20/12/2015.
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