NONNA ARCOBALENO PAURA DI VOLARE INSIEME IL DONATORE APERTO STESSA DONNA, DUE PADRI CON NONNO ALBERTO.
ROMA – Hanno le guance rosse per il freddo, i piumini colorati, i berretti di lana con il ponpon. I più grandi fendono la folla con triciclo e bicicletta, i piccoli piccoli si attaccano al ciuccio, sgranano gli occhi,stringono i loro pelouches, intontiti dal frastuono di piazza del Pantheon, per un giorno color fucsia. Sono i bambini arcobaleno. Più semplicemente sono bambini. E nulla ovviamente sanno, e si ricorderanno, di questo sabato di gennaio dedicato alla battaglia per i diritti delle coppie omosessuali ma anche etero. Questa è la piazza di un Paese in cui la politica sembra far fatica a seguire il desiderio di relazioni e famiglia di un frammento di società che comunque ha già deciso e va avanti, con o senza leggi.
Perché i bambini arcobaleno italiani già ci sono e sono tanti. Hanno anche dei nonni (etero) che tifano per loro, accettando di uscire dall’anonimato e farsi fotografare.
Claudia Costa, 68 anni, è nonna di Agnese che ha nove mesi ed è figlia di Giulia, 37 anni, professione ingegnere e Ilaria, 40 anni, neurologa, madre biologica. Si sono sposate ad Oslo e hanno realizzato il loro sogno genitoriale in Danimarca. «Guardi cos’è questa piccola. Non è un amore, non è una delizia? Mi spieghi perché Agnese non può avere gli stessi diritti delle mie due altre nipotine, figlie dell’altra mia figlia, nate da una coppia tradizionale ». Il mondo visto dalla parte dei bambini. Agnese, le manine che stringono una papera, non è nessuno. La nonna lo dice un po’ brutalmente per far capire: «Se per estrema tragedia mia figlia Giulia chiudesse gli occhi, Agnese non avrebbe diritto a nulla. Eppure io la amo come le altre nipoti, faccio gli stessi regali a tutte e tre. Ma nemmeno il disegno di legge Cirinnà mi riconosce il ruolo legale di nonna di Agnese. Vorrei che chi si indigna si rendesse conto che io sono in piazza per amore di mia nipote, per i suoi diritti, non per toglierli alle famiglie tradizionali».
Non c’è niente di facile in queste storie: «Non sai nulla di questo mondo se non ti tocca. Ricordo il giorno in cui Giulia, davanti ad un tè, mi ha detto quel che già intuivo. Sono rimasta scossa per poi scoprire che i percorsi della vita non sono tutti uguali. La famiglia del Mulino Bianco non esiste. Ma uguale è l’amore che puoi dare. Mia figlia e Ilaria stanno bene insieme e Agnese è qui tranquilla, serena, grazie a noi tutti».
Nella piazza color fucsia, la cifra collettiva è la gioia di esserci, accanto alle tante coppie etero, partecipi della battaglia. Paolo Baldi e Damiano Bruni sono insieme da 12 anni, sposati in Canada. «Al quinto anno – racconta Paolo – avevamo già deciso che saremmo stati genitori». Tommaso, 3 anni, ed Edoardo, 3 mesi, sono nati con la tecnica, legale in Canada, dell’utero in affitto. «Orrenda parola», dice Paolo, che spiega come non ci sia stato nessun profitto per la madre biologica: «La legge canadese è severa. Queste gravidanze devono avvenire in un contesto familiare ed economico affidabile e per motivi sociali». La madre biologica di Tommaso ed Edoardo è la stessa, ma i fratelli sono nati da due inseminazioni diverse. Tommaso è figlio di Paolo, Edoardo di Damiano. Percorso da vertigine e il risultato eccolo al Pantheon: Tommaso scorazza in triciclo, Edoardo dorme in carrozzina. Sono garantiti? No.
Articolo intero su La Repubblica del 24/01/2016.
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