Lo dicono i dati Inps sul primo trimestre del 2016 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Un indizio è un indizio, due indizi una coincidenza, ma tre indizi… Ieri i dati Inps sui contratti attivati e cessati nel settore privato hanno confermato per il terzo mese di fila che – dimezzati gli sgravi del governo – quelli a tempo indeterminato sono in flessione pesante. L’aspetto più critico è che tutti i numeri sono peggiori rispetto al 2014, quando non c’erano i sussidi miliardari e l’economia era in recessione. Ieri nessuno dal governo si è avventurato a vederci il bicchiere mezzo pieno.
Premessa: chi assumeva con contratti “stabili” nel 2015 aveva diritto allo sgravio contributivo triennale (fino a 8.060 euro l’anno). Costo: circa 15 miliardi al 2018. Quest’anno i sussidi sono stati più che dimezzati e i tempi ridotti a due anni (l’esborso per l’Erario sarà almeno di 3,3 miliardi).
A conti fatti, il travaso dalla fiscalità generale alle imprese sfiorerà i 20 miliardi nel triennio. Come sta andando? Vediamo i numeri: a gennaio-marzo i rapporti di lavoro totali attivati sono stati 1,18 milioni, 176 mila in meno rispetto al primo trimestre 2015 (-12,9%) e 66 mila in meno rispetto al 2014. La colpa – spiega l’Inps – è tutta del forte calo dei contratti a tempo indeterminato, causato dall’effetto boomerang del taglio dei sussidi: -33% sul 2015 (-162 mila contratti). Quelli a tempo determinato restano invece quasi stabili (-1,7%), ma la loro percentuale sul totale è in crescita e ha spiccato un balzo già a fine 2015.
La flessione dei contratti a tempo indeterminato è evidente anche sottraendo le cessazioni (i rapporti di lavoro che finiscono): il saldo netto nel primo trimestre 2016 dà 51.087 tempi indeterminati, in calo del 77% sullo stesso periodo del 2015 e del 41% sul 2014. Se il saldo netto totale è positivo per 241 mila contratti è dovuto soprattutto all’incremento di quelli precari. Restano stabili le assunzioni in apprendistato ma le trasformazioni di rapporti di lavoro precari in “stabili” crollano letteralmente (-31%).
Finora sono state queste a tirare su i dati, e infatti al netto delle trasformazioni il saldo del tempo indeterminato è negativo per oltre 53 mila contratti (11 mila meno del 2014). In questo panorama, l’unica nota positiva è la crescita delle trasformazioni da apprendistato a tempo indeterminato (+20,3%).
I generosi sgravi del governo sono partiti a gennaio 2015, il contratto a tutele crescenti (ma senza l’articolo 18) a marzo. Dopo i buoni dati di inizio anno sui contratti “stabili” attivati, è seguita la calma piatta della primavera-estate, poi è partito lo sprint a ottobre – quando si è capito che i sussidi sarebbero stati ridotti – conclusosi con l’esplosione a dicembre.
Una caccia all’oro dei sussidi con gravi implicazioni (oltre al contraccolpo in atto). Molte aziende – hanno confermato Inps e ministero del Lavoro – hanno infatti usato gli sgravi senza averne diritto: per l’Istituto di statistica il danno per l’Erario è di 600 milioni nel triennio e coinvolge circa 100 mila lavoratori (più o meno l’incremento degli occupati stabili del 2015).
Come se non bastasse, ora si registra un fisiologico effetto boomerang: nel 2016 solo il 33,2% dei nuovi rapporti di lavoro attivati è a tempo indeterminato, nel 2015 erano il 41,5 e nel 2014 il 36,2%. L’Inps segnala anche che, con il taglio degli incentivi, il “premio salariale” è tornato a salire. Tradotto: senza la droga degli sgravi, le retribuzioni di ingresso per chi è stato assunto a tempo indeterminato a gennaio-marzo 2016 sono più alte rispetto al 2015. Stessa cosa sta accadendo per i rapporti di lavoro precari.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 18/05/2016.
[…] Triskel182 – Finiti gli sgravi, crollano i contratti stabili: -77% […]