La campagna del referendum è cominciata con largo anticipo e come i treni in corsa sarà difficile fermarla, visto che non è accaduto nemmeno per le elezioni amministrative alle porte: basta accendere la tv per sentir parlare dell’epocale svolta targata Renzi-Boschi. La ministra domenica scorsa è stata ospite di Lucia Annunziata. Dopo aver spiegato che nel Regno Unito c’è “un sistema che attribuisce un premio di maggioranza senza che ci sia una soglia minima” (non è vero, forse voleva dire che l’effetto distorsivo del sistema uninominale maggioritario – un sistema assai lontano dalla perfezione democratica – è lo stesso), ha dato una notizia.
Spiegando che: “Questo governo nasce su mandato del presidente Napolitano per riprendere le riforme costituzionali che si erano interrotte”. Possibile che a nostra insaputa siano cambiate le funzioni del Capo dello Stato, quelle del Parlamento e pure la forma di governo? Chissà, ma per ora la Costituzione è chiara e non pare che il presidente della Repubblica possa conferire “mandati” subordinati a un programma deciso da lui.
Invece giovedì a Otto e mezzo era ospite, con il direttore del Fatto, Elisabetta Gualmini – vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e politologa dell’Alma Mater di Bologna – che soavemente spiegava: “Non so come potranno i Cinque Stelle – che hanno fatto della battaglia contro la casta la loro principale bandiera – spiegare all’elettorato che non si possono far fuori 315 senatori elettivi. Per non parlare di Berlusconi e Brunetta che avevano fatto una riforma del tutto identica”. Del tutto identica, oibò? In effetti lo è, a parte per il fatto che quella esplicitamente prevedeva il premierato, mentre questa no, ma un regime molto simile, anzi: del tutto identico – di fatto s’instaurerà, a questo giro, una volta che saranno entrate in vigore la riforma del Senato e la nuova legge elettorale per la Camera. La riforma targata B. nel 2006 è stata sonoramente bocciata dagli elettori (61,2% contrari, 38,7% favorevoli). Essendo del tutto identica a questa, non si capisce perché venga riproposta ora con l’urgenza di chi deve procurarsi un farmaco salvavita. Ma soprattutto non si capisce perché il Pd – allora coniugato in “Ds” – era ferocemente contrario e adesso è altrettanto ferocemente favorevole.
E come possono – loro – giustificarlo all’elettorato. Allora erano tutti impegnati in una campagna a suon di appelli per il No e dichiarazioni da fine del mondo: da Fassino a Violante, da Anna Finocchiaro a Bersani. Fassino, nel giugno 2006 era segretario dei Ds e diceva: “Fermiamoli, vogliono sfasciare la Repubblica”. Anche Giorgio Napolitano era contrarissimo. Così tuonava nel novembre 2005, dai banchi del Senato: “Giudico inaccettabile il voler dilatare in modo abnorme i poteri del Primo Ministro, secondo uno schema che non trova l’eguale in altri modelli costituzionali europei e, più in generale, lo sfuggire a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali, di limiti e di regole da condividere. Giudico inaccettabile una soluzione priva di ogni razionalità del problema del Senato, con imprevedibili conseguenze sulla linearità ed efficacia del procedimento legislativo”. E Renzi? Nel 2006 era contrario alla riforma tanto da firmare il documento “Dieci ragioni per dire no” insieme ad altri amministratori della Toscana.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 29/05/2016.
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